di Antonio Satta
Una buona e una cattiva notizia per il governo. La prima è che UnipolSai ha deciso di investire fino a 100 milioni in Atlante2, la seconda è che dopo le altre casse private, anche Enasarco ha deciso di passare la mano e di non voler partecipare al fondo che dovrebbe comprare i crediti deteriorati del Monte dei Paschi . E la cattiva notizia rischia di oscurare quella bella, perché complessivamente le casse aderenti all’Adepp a fine luglio sembravano pronte a mettere circa 500 milioni in Atlante (avevano detto sì 13 istituti previdenziali su 16), ma come i piccoli indiani hanno cominciato a sfilarsi una dopo l’altra, e buon ultima è arrivata ieri Enasarco, la cassa degli agenti di commercio, che «dopo approfondita valutazione dell’invito a investire nel fondo Atlante2 e delle compatibilità dello stesso con i rigorosi criteri adottati dalla Cassa per la selezione degli investimenti, ha ritenuto che non esistano le condizioni per partecipare all’operazione». Il problema, come ha chiarito due giorni fa il presidente di Adepp, Alberto Oliveti, che è anche a capo della cassa dei medici (Enpam), è che ogni cassa deciderà in proprio secondo le rispettive «politiche di asset allocation», ma l’ostacolo più grosso è soprattutto la mancanza di direttive formali sui criteri di adesione da parte dei ministeri vigilanti. È vero che martedì scorso il sottosegretario Pier Paolo Baretta, durante un’audizione parlamentare, ha detto che Atlante2 è perfettamente «compatibile con la normativa attuale e le finalità degli enti» e non pregiudica «il risparmio previdenziale», le casse, però, chiedono un documento ufficiale, anche perché il decreto banche del febbraio scorso vieta agli enti pubblici di acquistare cartolarizzazioni di tranche junior e mezzanine per cui è richiesta la garanzia dello Stato. Le casse, che per quanto private, rientrano comunque nell’elenco Istat della pubblica amministrazione, chiedono ai ministeri vigilanti di mettere nero su bianco che questa norma non si applica a loro, anche per evitare eventuali censure della Corte dei Conti. E l’interpretazione che sembrava imminente, invece tarda ancora (si dice per una sorta di resistenza passiva da parte degli uffici tecnici).
A pesare, però, è anche la valutazione economica. Con Atlante2 si cerca di evitare perdite troppo onerose per le banche, valutando gli npl al 32-33%, ma questo rende l’investimento meno appetibile per le casse che si aspettavano una forchetta molto più bassa, tra il 24 e il 25%.
Chi non ha avuto dubbi, invece, è stata UnipolSai , il cui amministratore delegato, Marco Cimbri, è convinto che «i contributi al fondo Atlante» non siano «un vuoto a perdere», perché il fondo «è affidato a mani capaci e ha un obiettivo di remunerazione e redditività». Stanziare 100 milioni per entrare in Atlante2, quindi, «è un contributo che diamo per la stabilità e la stabilizzazione del sistema», ma è anche un investimento da cui Unipol si attende un ritorno. Diversa l’opinione di Axa , che pur essendo azionista di Mps , dopo aver rifiutato l’ingresso nel primo Atlante ha snobbato anche il secondo. Disponibili a partecipare, invece, Poste, Generali , Unicredit , Intesa e ovviamente Cassa Depositi e Prestiti, il cui presidente, Claudio Costamagna è uno degli autori del piano di salvataggio di Mps , insieme all’ex dg del Tesoro e ministro dell’Economia, Vittorio Grilli, ora a capo del Corporate and Investment Banking di Jp Morgan. Intanto il governatore della Banca d’Italia, Ignazio Visco , afferma che «i timori del mercato sulla qualità degli asset delle banche italiane devono essere presi seriamente e non essere liquidati superficialmente. Ma ci sono buone ragioni per ritenere che siano sovrastimati», mentre per il presidente dell’Abi, Antonio Patuelli, il settore bancario nazionale sta subendo una vera e propria «speculazione». (riproduzione riservata)
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