di Anna Messia
Tra le tante passioni sportive di Philippe Donnet, che ama il rugby e andare a caccia nel suo podere non lontano da Parigi, non si anno-
vera la barca. Ma il manager francese, che il 17 marzo scorso ha preso il timone di Generali, sembra aver imparato rapida-
mente a veleggiare nelle acque agitate dei mercati finanziari e di tassi d’interesse ai minimi storici. La sua prima relazione di
bilancio da group ceo, presentata venerdì 29 luglio, ha registrato un utile netto nel semestre di 1,2 miliardi, in calo del 9,9% rispet-
to a giugno 2015 e un risultato operativo di 2,5 miliardi anche questo in calo del 10,5%. Una frenata determinata dalla vola-tilità delle borse, ma i risultati
tecnici del gruppo assicurativo, sia del ramo Vita sia di quello Danni, hanno mostrato invece redditività e stabilità, superio-
ri alle previsioni degli analisti.
Tanto che il titolo a Piazza Affari ha chiuso la giornata in crescita del 7,2% a 11,78 euro. Un bel debutto, non c’è che dire, per Donnet che negli ulti-
mi tre mesi ha risistemato più di qualche pedina organizzativa nel gruppo. A capo di Generali Italia ha chiamato Marco Sesana come amministratore delegato,
continuando però a tenere il ruolo di country manager. Mentre Frederic de Courtois, ex ceo di Axa Italia, entrerà a settembre come responsabile delle global
business line e dell’internazionale. Ma a essere modificato è stato anche l’head office, con il numero dei riporti al ceo che sono stati alleggeriti, mentre il diret-tore generale, Alberto Minali, ha l’obiettivo di migliorare l’efficienza e la focalizzazione sul business, occupandosi anche di It, finanza e strategia.
In questi mesi Donnet ha lavorato per dare attuazione all’ambizioso piano presentato nel 2015 da Mario Greco (ora ceo di Zurich) che prevede 5 miliardi
di dividendi cumulati complessivi entro il 2018. Il vento si è messo a soffiare contro, ma il ceo e Minali hanno continuato a ribadire l’impegno a offrire agli
azionisti una remunerazione in linea con gli obiettivi del piano.
Nessun tentennamento, quindi, nonostante i bassi tassi riducano i margini sulle polizze Vita per le compagnie di assicurazione, mentre nel comparto Danni, e in particolare nell’Rc Auto, i sinistri stanno tornando a crescere dopo anni di flessione. Anzi, l’intenzione è imprimere un’accelerazione per ridurre i costi e per essere
più efficiente. Il dato che più di altri ha stupito il mercato è probabilmente quello del combined ratio, indice della profittabilità tecnica del
settore Danni che mette a confronto i costi e sinistri pagati ai clienti rispetto ai premi incassati. Più è basso, meglio è. Nel primo semestre dell’anno la per-
centuale per il gruppo Generali è scesa al 92,3%, meglio delle previsioni degli analisti (che nella migliore delle ipotesi prevedevano un 92,4%). A dare il buon
esempio è stata in particolare l’Italia che ha continuato a registrare il combined ratio migliore tra tutti i Paesi in cui il gruppo è presente (88,6%), mentre in
Francia, a causa di inondazioni tra maggio e giugno che hanno pesato sul combined per 2,7 punti percentuali, l’indice è arrivato al 100,1%. In pratica, i costi e i si-
nistri hanno superato i premi. Ma l’Italia è un buon esempio da seguire non solo per il ramo Danni. Da qui è partita la riorganizzazione, che ha portato a
fusioni e semplificazioni societarie, con la nascita di Generali Italia, al cui interno sono confluite tra le altre Toro e Ina Assitalia.
Aggregazioni che il gruppo sta replicando per esempio in Germania, ma che potrebbero essere duplicate nell’Europa Centrale e dell’Est. Anche nel
ramo Vita le contromosse del Leone per difendersi dai bassi tassi d’interesse sono state repentine ed efficaci, partendo proprio dalla Penisola, grazie al
forte legame del gruppo con la propria rete di vendita, capace di rispondere positivamente e rapidamente alle nuove strategie.
Nella ex rete Ina Assitalia (ora confluita appunto in Generali Italia), ma anche in Alleanza, è stato rivisto per esempio il sistema di incentivi agli agenti,
eliminandoli dalle polizze tradizionali (più costose in termini di capitale per la compagnia) e prevedendoli per unit linked (legate ai fondi comuni) e ramo Danni,
su cui il Leone vuole crescere nel futuro. Il risultato è stato che gli incentivi pagati complessivamente alla rete sono scesi e la compagnia è riuscita a riposizio-
narsi, continuando a registrare buoni risultati tecnici in un contesto finanziario profondamente diverso. Strategie che Generali è pronta a replicare in altri Paesi.
E altrettanto rapido potrà essere il riposizionamento nei mercati e nei settori non soddisfacenti.
L’obiettivo di Generali è di avere «performance di alto livello», in tutte le aree. Il che implicherà qualche taglio di rami secchi.
«Ci sono mercati in cui le nostre società non hanno le potenzialità per raggiungere il livello di eccellenza», ha riconosciuto il group ceo spiegando che «potremo ri-
allocare le risorse verso mercati che riteniamo più attraenti». Il Leone, considerato un animale con la grande testa e le zampe corte, ha detto Minali citando
una battuta di Donnet, vuole ora avere le zampe lunghe e agili. (riproduzione riservata)
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