di Luciano Mondellini
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In totale Volkswagen pagherà 14,7 miliardi di dollari (13,3 miliardi di euro) per risolvere la class action avviata negli Stati Uniti per lo scandalo delle emissioni truccate e per chiudere i contenziosi con l’Agenzia per la Protezione Ambientale (Epa) e con il dipartimento di Giustizia. L’accordo è stato ufficializzato ieri in una conferenza stampa programmata dal dipartimento di Giustizia statunitense. Nel dettaglio, il colosso automobilistico di Wolfsburg pagherà 10,03 miliardi per il riacquisto di circa 482 mila vetture con motori diesel coinvolte nel cosiddetto Dieselgate. A questi si aggiungono 2,7 miliardi di dollari per progetti ambientali e altri 2 miliardi di dollari da destinare alle tecnologie per le vetture a zero emissioni.

L’importo rappresenta uno dei maggiori accordi per risolvere un’azione legale collettiva nella storia degli Stati Uniti e la più consistente nel settore automobilistico. Bisogna anche dire che il ceo della casa automobilistica tedesca Matthias Mueller aveva stanziato quasi 16,2 miliardi di euro di oneri straordinari nel bilancio 2015 quali accantonamenti per i possibili sviluppi del dieselgate, elemento che ha pesato molto sull’ultimo esercizio del gruppo, chiuso con un rosso di 1,5 miliardi.

In base all’intesa siglata ieri, ha spiegato Sally Yates, vicesegretario alla Giustizia Usa, Volkswagen deve fare tre cose: pagare i consumatori per togliere dalle strade americane le auto inquinanti, finanziare progetti per la riduzione dell’inquinamento per controbilanciare i danni provocati e investire in progetti che incoraggino gli americani a espandere in futuro l’uso di veicoli a zero emissioni. Yates ha fatto notare che «non possiamo cancellare il danno causato da Volkswagen alla qualità dell’aria ma possiamo controbilanciarlo riducendo l’inquinamento da altre fonti in circolazione».

Yates ha poi avvertito: «Sebbene l’annuncio del patteggiamento sia un passo importante nell’ottenimento della giustizia per gli americani, esso non sarà l’ultimo». Infatti dall’accordo restano fuori le circa 90 mila auto con motori diesel a tre litri a loro volta inquinanti. Ci sono poi in ballo i reclami del governo Usa nell’ambito del Clean Air Act. Inoltre le intese per ora raggiunte «non risolvono potenziali responsabilità penali», ha concluso Yates, garantendo che è in corso tuttora l’inchiesta penale. (riproduzione riservata)
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