di Marcello Bussi
Dopo il crollo di venerdì scorso in seguito della vittoria della Brexit, ieri le borse europee hanno tentato in apertura un accenno di rimbalzo che però non si è concretizzato e dopo pochi minuti hanno ricominciato a scendere. Ancora una volta Piazza Affari è stata la peggiore con un calo del 3,9%, Londra ha retto meglio (-2,5%), mentre Parigi e Francoforte hanno entrambe ceduto il 3%. A zavorrare i listini, non solo in Italia, sono state ancora una volta le banche, visto che le incognite legate alla Brexit dovrebbero prolungare l’era dei tassi vicini allo zero.
A Londra Barclays ha lasciato sul terreno il 17,3%, Royal Bank of Scotland il 15,1%, mentre Hsbc, che è forte in Asia, se l’è cavata con un -2,2%. A Francoforte Deutsche Bank ha perso il 5%, mentre a Parigi Societé Générale ha lasciato sul terreno l’8,4%. Ancora peggio le banche italiane: Mps -13,3%, Mediobanca -12,8%, Intesa Sanpaolo -10,9%, Credem -10,9%, Carige -8,8%, Unicredit -8,1%, Banca Popolare di Milano -7,2%, Ubi Banca -6,3%. L’ad di quest’ultimo istituto di credito, Victor Massiah, ha osservato che «il sell-off è stato eccessivo; i mercati sono sempre più fatti da algoritmi».
Gli analisti di Deutsche Bank hanno invece dipinto un quadro a tinte fosche anticipando tempi difficili perché gli istituti di credito riescano a garantire agli investitori «rendimenti ragionevoli. Nel solo Regno Unito si paventa una probabile crescita delle sofferenze e rischi per i dividendi. L’incertezza politica ed economica è qui per rimanere e ci aspettiamo per le prossime settimane o mesi che si veda una significativa volatilità dei corsi azionari dei titoli finanziari britannici e di quelli con attività nel Regno Unito». Intanto la sterlina ieri ha toccato i minimi da 31 anni scendendo fino a 1,3161 dollari, mentre l’euro ha ceduto l’1% sul biglietto verde a 1,0999.
Sorpendentemente il rendimento del Gilt, il titolo di Stato decennale britannico, è invece sceso per la prima volta della storia sotto l’1%, allo 0,938%, e lì è rimasto anche dopo l’annuncio, peraltro atteso, che Standard & Poor’s ha tolto la tripla A al Regno Unito, abbassando il rating di due gradini ad AA, con il rischio di un nuovo declassamento, visto che l’outlook è negativo. S&P ha spiegato che il referendum sulla Brexit rappresenta «un evento fondamentale e porterà a un quadro politico meno prevedibile, stabile ed efficace. Abbiamo rivalutato la nostra visione della valutazione istituzionale della Gran Bretagna che ora non consideriamo più un punto di forza nella nostra valutazione del rating. Il downgrade riflette anche i rischi di un marcato deterioramento delle condizioni di finanziamento esterno» del Paese.
Inoltre il voto per rimanere nell’Ue in Scozia e Irlanda del Nord crea questioni costituzionali ancora più ampie per il Paese nel suo complesso. L’outlook negativo riflette il rischio per le prospettive economiche, fiscali e di performance esterne e il ruolo della sterlina come valuta di riserva, così come i rischi per l’integrità costituzionale ed economica della Gran Bretagna nel caso in cui ci fosse un altro referendum per l’indipendenza scozzese. Nuovo record per il rendimento del Bund tedesco al -0,112%, mentre lo spread dell’Italia è salito a 163 punti base dai 161 della chiusura di venerdì scorso.
Dalla Spagna non è arrivato alcun aiuto ai mercati: il voto di domenica è stato quasi la fotocopia di quello del dicembre scorso. Il Partito Popolare del premier uscente Mariano Rajoy ha ottenuto il 33%, guadagnando 14 seggi, ma non ha comunque i numeri sufficienti per governare. A meno che non si allei con il Partito Socialista, che è riuscito a non farsi sorpassare da Podemos. Ma i socialisti hanno subito messo in chiaro che «non appoggeremo l’investitura di Rajoy, nemmeno con l’astensione». Secondo Filippo Diodovich, strategist di Ig, il no socialista ai Popolari «complica le cose» e questo non rappresenta un fattore positivo per i mercati, soprattutto «con un settore bancario così in difficoltà». La borsa di Madrid ha comunque perso meno delle altre (-1,8%). (riproduzione riservata)
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