Fintech in testa tra le fonti di finanziamento alternativo
Pagina a cura di Luigi dell’Olio
Con i rubinetti delle banche che restano spesso ostili alle esigenze delle imprese (ad aprile i prestiti degli istituti sono scesi dello 0,3% rispetto a dodici mesi prima), la caccia a fonti alternative di finanziamento si fa sempre più pressante. Con il Web che oggi offre nuove opportunità rispetto al passato, dai prestiti tra privati che saltano l’intermediazione bancaria alla possibilità di farsi finanziare dalla «folla» dei navigatori, fino ai servizi di compravendita fatture. Opzioni che però vanno ponderate con attenzione per evitare passi falsi.
Il boom del fintech. La ricerca di alternative è inevitabile, dato che l’atteggiamento delle banche verosimilmente resterà prudente ancora a lungo, tra il nodo delle sofferenze (prestiti effettuati in passato, che non vengono restituiti) e le regole comunitarie sempre più stringenti sui requisiti di capitale.
Una mano arriva dalle startup attive nel cosiddetto fintech, categoria che comprende tutte le tipologie di business nelle quali la tecnologia apre nuove prospettive al mondo finanziario. Secondo una ricerca presentata al recente CheBanca! Italian FintechAwards, sono 115 le nuove aziende italiane attive nel fintech, che nel 2015 hanno ottenuto da fondi venture capital e business angel risorse per 33,6 milioni di euro, più di quattro volte i 7,5 milioni incassati nel 2014. In particolare, il 16% delle baby aziende è impegnato in servizi bancari, il 12% sui pagamenti, il 9% si occupa di e-commerce, e il 4% si concentra sulla sicurezza. Inoltre, quasi metà di queste (45%) si occupa di crowdfunding, vale a dire la raccolta di denaro presso il pubblico indistinto della Rete, per finalità che possono andare dalla donazione al riconoscimento di un prodotto o servizio (a questo proposito si parla di iniziative reward-based, fino a quelle di raccolta di capitale di rischio, equity crowdfunding). Quest’ultimo è l’unico settore regolamentato (l’Italia è stata il primo paese a percorrere questa strada), con il legislatore che ha fissato i principi a tutela degli investitori, che non sempre hanno conoscenze adeguate per comprendere il rapporto tra rischio e rendimento relativo alle iniziative proposte.
Le opportunità per le imprese. La prima piattaforma che ha ricevuto dalla Consob l’autorizzazione a operare nell’equity crowdfunding due anni fa è StarsUp, fondata a Livorno da tre dottori commercialisti esperti di consulenza aziendale e societaria. Sul portale, chi vuole fungere da investitore deve registrarsi passando per l’apposita sezione.
Coloro invece che invece vogliono proporre un proprio progetto, oltre a registrarsi, devono anche seguire le indicazioni attraverso le quali attuare poi fattivamente la presentazione dell’idea per la quale richiedono il finanziamento. Se l’obiettivo viene centrato, l’operazione si conclude e StarsUp riceve un compenso su base percentuale rispetto all’ammontare raccolto. Nei giorni scorsi la società ha raggiunto un accordo con Wylab, l’incubatore di idee legato allo sport voluto dal patron di Federacciai Antonio Gozzi, con un duplice obiettivo: diffondere le tematiche riguardanti l’equity crowdfunding e l’offerta di servizi finanziari rivolti ad aziende innovative e promuovere l’equity crowdfunding e altre iniziative dell’incubatore per favorire il maggior numero possibile di opportunità di investimento all’interno della piattaforma.
La seconda autorizzata in ordine di tempo è Assiteca Crowd, fondata da un gruppo di manager da tempo attivi nei campi dell’innovazione e del corporate finance.
Nei mesi scorsi la società ha organizzato un contest per le imprese più innovative presentate sulla piattaforma, con tre realtà premiate: PonyU, startup di Roncade (Treviso), con un innovativo servizio di spedizioni urbane che permette a chiunque di guadagnare effettuando spedizioni nel tempo libero e offre a chi ha bisogno di una consegna una soluzione veloce, economica e sicura;
Eproinn, spin off dell’Università degli Studi di Salerno, che ha messo a punto un kit per convertire un autoveicolo convenzionale in un modello ibrido-solare ha raccolto 2.548 voti; Nes, realtà veneziana che ha messo a punto uno strumento (YooBuy) che consente la creazione della propria lista della spesa di generi alimentari, prodotti per la casa e cura della persona, attraverso un portale web e un’applicazione mobile.
L’ultima novità arriva dalla piattaforma SiamoSoci, società milanese specializzata nel mettere in contatto investitori e startup. Si tratta di Mamacrowd, piattaforma di raccolta di finanziamenti da privati tramite cui si può investire non in una singola startup, ma in un pacchetto già selezionato di aziende innovative, riducendo così il profilo di rischio. La prima campagna viene proposta da Club Italia Investimenti 2 (CII2), un veicolo di investimento con 64 nuove aziende in portafoglio.
I prestiti tra privati. Le iniziative di tecnologia applicata alla finanza si rivolgono anche all’ambito dei prestiti tra privati, disintermediando gli operatori finanziari.
Come Smartika, che fornisce un servizio di intermediazione e cura il trasferimento di denaro tra soggetti privati. Opera non solo come piattaforma di scambio, ma è un operatore che cura anche la valutazione delle richieste e gestisce il recupero crediti. Inoltre, la società ha messo a punto fondo di protezione, finanziato dalle commissioni versate dai richiedenti, pensato per coprire eventuali insolvenze da parte dei clienti che hanno richiesto un prestito.
Simile l’approccio seguito da Prestiamoci, che presenta prestiti compresi tra 1.500 e 25 mila euro, con un taglio medio di 7-8 mila euro. Si tratta di prestiti non garantiti, con una durata variabile dai 12 ai 48 mesi. Le condizioni di tasso variano in base all’affidabilità delle parti, con possibilità di spuntare anche meno del 4%. Ogni cifra investita viene suddivisa in piccole quote da 50 euro, ciascuna di esse prestata a un soggetto diverso, così da minimizzare i rischi di default.
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