Il cliente può ottenere il risarcimento del danno per inadempimento dell’avvocato solo se il pregiudizio subito dall’assistito viene provato ed è direttamente ricollegabile a una condotta illecita del legale. A stabilirlo, la Corte di cassazione che, con la sentenza n. 10698/2016 depositata ieri, ha respinto il ricorso presentato dal cliente di un legale nei confronti del quale era stata presentata domanda risarcitoria a seguito di una serie di problemi riscontrati dall’assistito nello svolgimento dell’attività imprenditoriale, sfociati nell’esclusione dalla compagine sociale. In particolare l’assistito, nei primi due gradi di giudizio, aveva lamentato la sussistenza della responsabilità professionale dell’avvocato adducendo una serie di mancanze relative a documenti non presentati ed a scadenze non rispettate nel corso del giudizio avente ad oggetto l’impugnativa delle delibere assembleari. Il cliente, però, così come sottolineato dai giudici di primo grado, non aveva in alcun caso dimostrato il nesso diretto tra le inadempienze del legale e il danno subito. Ragion per cui il risarcimento gli era stato negato. Decisione che ha trovato il favore anche della Cassazione che ha avuto modo di sottolineare come «la responsabilità dell’avvocato non può affermarsi per il solo fatto del suo non corretto adempimento dell’attività professionale, occorrendo verificare se l’evento produttivo del pregiudizio lamentato dal cliente sia riconducibile alla condotta del legale e se un danno vi sia stato effettivamente».
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