Il cellulare non aumenta il rischio di tumori cerebrali. È questa la conclusione di uno studio australiano.
Alcuni ricercatori dell’università di Sydney hanno appena pubblicato sull’International Journal of Cancer Epidemiology i risultati di una ricerca che aveva come obiettivo quello di confrontare l’evoluzione dell’incidenza di cancri cerebrali in Australia dal 1982 e lo sviluppo della telefonia mobile dal 1987, anno della prima chiamata effettuata da un apparecchio portatile.
Tra il 1982 e il 2012, oltre 34 mila tumori cerebrali sono stati diagnosticati in Australia (20 mila tra gli uomini e 14 mila tra le donne).
Nel frattempo, si è moltiplicato il numero di australiani in possesso di telefono cellulare: se nel 1982 solo il 9% dei cittadini di età superiore a vent’anni possedeva un dispositivo mobile, oggi la percentuale supera il 90%.
La conclusione alla quale sono giunti gli autori dello studio è che la frequenza dei tumori al cervello è rimasta piuttosto stabile. Se infatti, come ritengono i più allarmisti, l’uso del telefono cellulare comportasse un aumento del 50% dell’incidenza di tumori cerebrali, il numero di tumori ogni 100 mila abitanti dovrebbe oggi essere pari a 11,7 per gli uomini e a 7,7 presso le donne, mentre le cifre reali relative al 2012 sono rispettivamente di 8,7 e 5,8.
Secondo i ricercatori, il solo aumento significativo riguarda gli ultrasettantenni e ha avuto origine ben prima dell’apparizione dei telefoni cellulari: casomai è da collegare al miglioramento della diagnostica.
Le autorità sanitarie restano comunque prudenti e raccomandano di utilizzare il più possibile sistemi a «mani libere», come auricolari o sistemi viva-voce, così da allontanare il telefono dalla testa, di educare i bambini a un uso non indiscriminato e di limitare il numero e la durata delle telefonate.
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