Pagina a cura di Pierluigi Piselli* * Studio Legale Piselli & Partners
Con l’approvazione del decreto legislativo contenente il nuovo codice dei contratti pubblici e delle concessioni, in vigore da oggi, lunedì 18 aprile, il governo ha concluso il secondo step della riforma della contrattualistica pubblica.
Si tratta di una riforma epocale che tuttavia non deve considerarsi oggi conclusa ma appena iniziata.
Epocale perché cambia l’impostazione stessa del sistema a livello di strumenti normativi utilizzati. Vengono anche modificati e in maniera importante molteplici istituti ma, principalmente, si abbandona il duplice strumento normativo legge-regolamento.
Dal 1865, con l’allegato F della legge 2248 e il regolamento del 1895 sino ai nostri giorni, con il dlgs n. 163/2006 e il dpr n. 207/2010, ci siamo sempre appoggiati su due pilastri normativi.
Ora, con la riforma, questa impostazione va in soffitta in quanto ritenuta obsoleta e non più rispondente alle necessità di semplificazione e razionalizzazione del sistema: in una parola, non più rispondente alle esigenze di efficacia richieste con forza dalle direttive Ue nn. 23, 24 e 25 del 2014.
Il punto nodale della riforma, quindi, non si deve ricercare nella riduzione (pure molto consistente) degli articoli della legge, ovvero nell’accorpamento di alcuni istituti, laddove si trattano congiuntamente appalti di forniture, servizi e lavori, ma nell’uso della cosiddetta soft law, che va a sostituire la fonte regolamento. Soft law che si estrinseca nelle linee guida, di prossima emanazione, affidate in maniera decisa all’Autorità nazionale anticorruzione (Anac), che ne sarà, al contempo, ispiratrice e ideatrice, attuatrice e infine custode.
Un triplice compito che rende l’Anac il vero perno della riforma.
Se questa è la novità, è, però, al tempo stesso anche la scommessa insita nella riforma stessa, tanto che già si discute sul modo in cui la soft law si inserirà nel sistema rigido delle fonti delineato dalla Costituzione italiana.
Emergono tre distinti modelli di linee guida: quelle che derivano la loro forza vincolante dal decreto legislativo oggi approvato; quelle che saranno recepite, su proposta di Anac, con apposito decreto ministeriale; quelle, infine, che lo stesso codice configura come non vincolanti e che traggono la loro forza dalla moral suasion, derivante dalla riconosciuta autorità del soggetto che le emana.
A questi tre modelli di linee guida, strumenti dotati di grande flessibilità, è affidato il compito di guidare l’agire delle singole amministrazioni cui, a prima vista, con la nuova riforma potrebbe sembrare affidata una discrezionalità troppo vasta in un momento storico caratterizzato dal dilagare di fenomeni corruttivi.
In questo senso, diversi sono gli aspetti su cui l’Anac potrà e dovrà fornire puntuali indicazioni onde evitare che la discrezionalità amministrativa si traduca in abusi sistematici: la scelta del contraente affidata quasi esclusivamente all’offerta economicamente più vantaggiosa (sarà residuale, e per gli appalti di più modeste dimensioni, il ricorso al massimo ribasso); i criteri per la valutazione delle offerte anomale; la possibilità di richiedere gara per gara requisiti specifici per la partecipazione; i criteri reputazionali per le imprese, valutati sulla base di parametri oggettivi e misurabili nonché su accertamenti definitivi concernenti il rispetto dei tempi e dei costi nell’esecuzione degli appalti a essi affidati.
Criteri reputazionali (cui si aggiunge anche la previsione di sanzioni, determinate da Anac, nei casi di omessa o tardiva denunzia delle richieste estorsive e corruttive da parte delle imprese titolari di contratti pubblici, comprese le imprese subappaltatrici e le imprese fornitrici di materiali, opere e servizi) che avvicinano sensibilmente la scelta del contraente a sistemi privatistici con conseguente condivisione di obiettivi fra committente e appaltatore.
Di rilevante importanza sono, poi, il rating di legalità, che si candida ad assumere un ruolo determinante nell’aggiudicazione delle gare (le imprese con un rating più alto otterranno un maggior punteggio), sia l’entità ridotta della cauzione provvisoria da prestarsi per garantire la serietà dell’offerta.
Infine e soprattutto degne di note sono le procedure per gli appalti sottosoglia nelle quali tendono a valere regole maggiormente flessibili, con ricorso alle indagini di mercato in sede di diramazione degli inviti a presentare offerta.
Peraltro, è anche lo stesso codice a porre precisi deterrenti all’abuso di discrezionalità, introducendo forme di controllo non più solo posteriori, ma contestuali allo svolgimento dell’azione amministrativa cioè nel momento stesso in cui vengono effettuate le scelte.
Si pensi alla nomina dei commissari di gara che saranno estratti a sorte, dopo la presentazione delle offerte, da nominativi contenuti in uno specifico albo presso l’Anac); si pensi anche alla qualificazione e centralizzazione delle stazioni appaltanti vengono fortemente ridotte nel numero al fine di assicurare competenze e uniformità di applicazione delle procedure; si pensi, infine, all’obbligo di centralizzazione delle informazioni e di pubblicità con media informatici.
E rileva anche la trasmissione all’Anac, negli appalti di rilevanza comunitaria, delle varianti superiori al 10% dell’importo del contraente originario, nonché la comunicazione alla stessa Autorità degli appalti riguardanti le transazioni o gli accordi bonari. L’effetto deterrente di questi adempimenti è di immediata percezione.
Ma la portata innovativa della riforma, si parla addirittura di vera e propria risoluzione copernicana, non deve essere percepita in modo trionfalistico, come possibile panacea di tutti i mali né, per contro, con senso quasi di frustrazione di chi di colpo è privato di collaudati e largamente sperimentati strumenti di lavoro.
Un approccio equilibrato è d’obbligo. Si deve avere la consapevolezza che siamo in presenza di una sorta di work in progress in cui il momento del diritto intertemporale, in questa fase di passaggio, è fortemente critico e potrebbe, se non gestito correttamente, e con tempi rapidissimi, portare a una fortissima contrazione della spesa pubblica per investimenti con effetti devastanti nell’attuale congiuntura. Dovranno, infatti, essere emanati oltre cinquanta ulteriori provvedimenti, molti dei quali sono tasselli decisivi della riforma.
L’Anac è già al lavoro per definire le linee guida, ma è indispensabile, in questa delicata fase, che tutti i soggetti interessati diano, ciascuno per il proprio ruolo, il massimo impegno per far si che i molti aspetti positivi già presenti nella riforma non rimangano lettera morta e anzi si trasformino in veri e propri elementi distorsivi del sistema, con conseguenti ritardi e inefficienze.
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