di Andrea Di Biase
All’indomani della diffusione in rete di una bozza preliminare del progetto Atlante, la borsa, che nella giornata di martedì aveva punito i titoli del settore bancario italiano, sembra aver cambiato opinione sulla possibilità che il fondo, lanciato per blindare gli aumenti di capitale di Popolare di Vicenza e Veneto Banca e contribuire a risolvere il problema dei crediti deteriorati del sistema, possa raggiungere i propri obiettivi.
Piazza Affari ha chiuso la seduta di ieri con un rialzo di circa il 4% (+4,13% il Ftse Mib e +3,73% il Ftse All-Share), spiccando tra i listini europei, proprio grazie all’ottima performance delle azioni del settore bancario. Tra questi si sono distinti, con rialzi a doppia cifra, i titoli Mps (+11,8%), Unicredit (+10,6%) e Creval (+10,1%), ma anche le altre banche hanno registrato progressi compresi tra il 7 e il 9%. Segno che, dopo i giudizi espressi a caldo dagli investitori nella giornata di martedì a fronte di un’informativa ancora incerta, i dettagli emersi ieri, anche per voce di alcuni dei protagonisti dell’iniziativa, hanno contribuito a rasserenare il quadro, consentendo al mercato di ragionare con maggiore cognizione di causa.
Ma non sono stati solo gli investitori a ricredersi sulla potenziale efficacia del fondo Atlante. Anche il Fondo Monetario Internazionale, attraverso il responsabile del Dipartimento dei Capitali, José Vinals, ha espresso un giudizio complessivamente positivo sul progetto promosso dal governo (il presidente del consiglio Matteo Renzi lo ha indicato come «la soluzione» per i problemi del settore bancario) e dalla Cassa Depositi e Prestiti ma realizzato con capitali privati. «Diamo il benvenuto» ad Atlante, ha affermato Vinals, sottolineando come la creazione del fondo «è un altro passo per muoversi nella direzione» di pulire i bilanci delle banche dai crediti deteriorati. «Questo è un passo che potrebbe aiutare le banche a raccogliere il capitale necessario per andare avanti», ha aggiunto l’esponente del Fmi, giudicando in modo positivo il fatto che «il settore privato sia coinvolto» ma ricordando come «in Italia i crediti deteriorati restano elevati» e che sia dunque «necessario agire».
Meno ottimista, invece, la posizione di Fitch.
Secondo l’agenzia di rating, la sottoscrizione di quote di Atlante da parte delle grandi banche italiane, come Intesa Sanpaolo , Unicredit e Ubi Banca , potrebbe indebolirne il profilo finanziario. Inoltre Fitch indica che l’operatività di Atlante potrebbe richiedere l’approvazione da parte della Commissione europea, vista la partecipazione, seppur con una quota di minoranza, della Cdp. Bruxelles per il momento non si sbilancia. «So veramente poco di dell’allestimento del fondo, sta al governo italiano, se pensano che ci sia un aiuto di Stato, notificarcelo e noi facciamo le nostre valutazioni», ha affermato la commissaria europea alla concorrenza Margrethe Vestager. «Al momento non è così e non ho niente da dire», ha aggiunto.
Chi invece, al pari di Renzi, ritiene che Atlante contribuirà a risolvere parte dei problemi strutturali del sistema bancario italiano, a partire da quello dei crediti deteriorati, è il consigliere delegato di Intesa Sanpaolo , Carlo Messina. «Con Atlante sarà possibile portare il valore delle dismissioni delle sofferenze ai valori di carico e non a un prezzo che non esiste», ha spiegato il numero uno della Ca’ de Sass, che non ha risparmiato critiche ai fondi di private equity che finora hanno dettato le condizioni sul mercato italiano degli npl. «Il prezzo di mercato scontato dell’80% non esiste», ha fatto notare Messina, «è un prezzo fatto dai fondi di private equity, che sono gli strozzini del momento avendo fiutato l’affare perché si percepisce che le banche debbano per forza vendere e vogliono rendimenti del 20%.
Quello che accadrà con questo fondo, se tutto andrà come deve andare», ha concluso Messina, «è che riusciremo a portare il valore di cessione delle sofferenze al valore di carico. Se il governo fa realmente un provvedimento di accelerazione di recupero del credito si arriverà ad una soluzione di game changer del sistema». Proprio per questo motivo il ceo di Intesa è tornato a sottolineare con forza la necessità che il varo del fondo Atlante sia accompagnato da un intervento del governo che consenta una «riduzione drastica dei tempi di recupero delle sofferenze che a livello netto sono pari a 83 miliardi a livello di sistema». Messina non vede infine il pericolo che il lancio di Atlante possa incorrere in un giudizio negativo della Ue su possibili aiuti di stato. «È un’operazione di mercato non un’operazione di sistema, che poggia su tre elementi: la necessità di garantire il buon esito dell’aumento di capitale di Popolare Vicenza e Veneto Banca; quella di portare il valore di dismissione delle sofferenze in linea con quello di carico inserito nei bilanci delle banche e infine di ridurre i tempi di recupero del credito. (riproduzione riservata)
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