di Dario Ferrara
Scatta il risarcimento del danno al curriculum per l’impresa ingiustamente esclusa dall’appalto. E ciò perché fra le varie voci da ristorare a carico dell’amministrazione c’è anche la perdita della possibilità, patita dall’azienda, di incrementare il suo avviamento che la gara pubblica avrebbe garantito, in quanto particolarmente importante nel settore di riferimento. Senza dimenticare la lesione subita all’immagine e al prestigio nel comparto imprenditoriale. È quanto emerge dalla sentenza 2966/16, pubblicata dalla prima sezione del Tar Lazio. L’estromissione dell’azienda partecipante integra la violazione dei principi di imparzialità e correttezza: nessun errore scusabile può invocare l’amministrazione perché non ha provveduto a dare tempestiva esecuzione agli obblighi che scaturivano da pronunce di giudici. Il danno curriculare scatta in quanto specificazione della perdita di chance e non risulta compreso nel mancato utile d’impresa. Per chi opera nel settore degli appalti pubblici la partecipazione alla gara è un vantaggio valutabile sul piano economico perché accresce la competitività sul mercato. L’interesse alla vittoria di un appalto, nella vita di un operatore economico, va infatti oltre l’esecuzione dell’opera in sé e ai relativi ricavi diretti. Il fatto stesso dell’esecuzione dei lavori rappresenta per la società aggiudicataria che opere nei lavori pubblici una nuova vittoria da esporre nel palmares, a prescindere dal lucro che l’impresa si ripromette di ricavare per effetto del corrispettivo pagato dalla stazione appaltante. E ciò al di là dell’impossibilità di riutilizzare altrove maestranze e attrezzature destinate al servizio non aggiudicato. Deve invece essere disattesa la domanda di risarcimento del danno esistenziale perché mancano le prove di un danno all’onorabilità della società dopo il provvedimento illegittimo. All’amministrazione che aveva bandito la gara non resta che pagare le spese di giudizio.
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