di Lucio Berno
Ormai da diversi anni si sono registrate numerose pronunzie di merito e di legittimità che hanno riconosciuto al proprietario dell’animale anche il risarcimento del danno morale per la perdita dell’animale di affezione.
In realtà si tratterebbe di una circostanza in controtendenza a ciò che, la Cassazione a Sezioni Unite, con la pronuncia n. 26972/2008 che trovate allegata, e che ha ritenuto che nell’alveo del danno non patrimoniale il riferimento a determinati tipi di pregiudizi, in vario modo denominati, risponde ad esigenze descrittive ma non implica il riconoscimento di distinte categorie di danno.
Continua la ormai nota sentenza che deve essere il Giudicante ad accertare l’esistenza del pregiudizio lamentato individuando quali ripercussioni negative sul “valore” uomo si siano verificate e provvedendo alla loro integrale riparazione.
Con particolare riferimento al danno non patrimoniale per la perdita di animale da affezione, la Cassazione ha escluso che si configuri la lesione di un diritto inviolabile della persona non ammettendone pertanto il risarcimento.
Da questo momento in poi varie sono state le sentenze che si discostano dalla citata pronunzia della Cassazione: Tribunale di Rovereto nel 2009 sentenza del 18.10.2009; Tribunale di Milano Sezione V con sentenza del 20.07.2010; Tribunale di Milano Sezione X 1° luglio 2014; Corte d’appello di Roma del 27 marzo 2015 ed infine il Tribunale di Genova l’11.01.2016.
Pare del tutto scontato, quindi, che ciò che vale per la medica umana debba valere anche per la medicina veterinaria. Il principio risarcitorio sembra quindi uguale anche nei confronti del proprietario dell’animale.