Pagina a cura di Luigi dell’Olio
Le condizioni per una crescita ulteriore delle polizze vita ci sono tutte, tra la volatilità dei mercati che spinge i risparmiatori verso soluzioni protettive e il possibile inasprimento fiscale sulle successioni. Anche se la situazione di mercato caratterizzata dai tassi ai minimi storici rende particolarmente ardua la ricerca di rendimento.
I numeri di un mercato in crescita. Innanzitutto occorre precisare la natura della polizza vita. Si tratta di un contratto tra l’assicurato e una compagnia, in virtù del quale il primo paga un premio alla seconda, che si impegna a liquidare al beneficiario un capitale in un’unica soluzione o attraverso una rendita periodica, al momento in cui si verifica un accadimento relativo alla vita dell’assicurato.
Le rilevazioni di Ania (Associazione nazionale imprese assicuratrici) segnalano che nel 2015 i nuovi premi vita si sono attestati a quota 97,2 miliardi di euro, con un incremento del 7,2% rispetto al 2014, merito soprattutto delle polizze tradizionali rivalutabili a gestione separata (+20,9%), in cui l’assicurato ha diritto a un capitale minimo garantito, che è risultata in aumento del 20,9%. Un successo dovuto soprattutto alla formula del capitale garantito, che per questa classe di investimenti si è attestato tra il 2 e il 3%.
Guardando in prospettiva, Standard & Poor’s si attende anche per quest’anno una crescita del mercato, motivandola soprattutto alla luce dell’incertezza che sta caratterizzando i mercati finanziari, con la conseguenza di spingere gli investitori verso soluzioni con un approccio protettivo.
Incognita successioni. A spingere il comparto potrebbe contribuire anche l’attesa inasprimento fiscale in vista sul fronte delle successioni. Da settimane, infatti, tra gli addetti ai lavori cresce il tam tam su un possibile riequilibrio della tassazione italiana, che risulta essere tra le più generose al mondo. Per i parenti in linea retta è infatti prevista un’aliquota del 4%, ma con una franchigia a un milione di euro, mentre per i fratelli e i parenti fino al terzo grado il prelievo è del 6%, con i fratelli che godono di una franchigia di 100 mila euro. Nulla a che vedere con il Regno Unito, dove l’aliquota ammonta al 40%, e la Francia, che prevede un prelievo dal 5 al 40% proporzionato al valore dei beni per i parenti in linea retta, e dal 35 al 60% per gli altri eredi. Voci di mercato ipotizzano una riforma in Italia destinata ad abbattere sensibilmente la franchigia (a non più di 500 mila euro) e ad alzare le aliquote (al 7% per il coniuge e i parenti in linea retta e all’8% per i fratelli). Uno scenario che aumenterebbe ulteriormente l’appeal delle polizze vita, sempre che queste restino escluse (come oggi) dall’intervento normativo. Per le polizze che prevedono l’erogazione di una prestazione in caso di morte finanziata da una parte di premio è prevista infatti una detrazione nell’ordine del 19%, con un tetto massimo di detraibilità di 530 euro. Per fare un esempio, se il premio di rischio è di 100 euro, il contraente può portare in detrazione 19 euro. Quanto alle plusvalenze, il prelievo fiscale è del 12,50% per i guadagni maturati con gli investimenti sui titoli di Stati e del 26% sugli altri, come azioni, obbligazioni societarie e derivati.
Prodotti diversi, cappello comune. Quando si parla di polizze vita occorre tenere a mente che sotto la medesima denominazione rientrano prodotti spesso molto diversi tra loro: quelle di ramo I e di ramo V abbinano contenuti assicurativi e l’obiettivo di crescita del capitale, attraverso una gestione separata. Di solito questi offrono un rendimento minimo garantito e, per farlo, investono buona parte del portafoglio su strumenti finanziari a basso rischio, come le obbligazioni di emittenti a elevato rating. Al contrario, le polizze di ramo III hanno un contenuto più finanziario: in particolare le index-linked investono prevalentemente in obbligazioni strutturate, mentre le unit linked in fondi comuni, che possono essere gestiti dalle stesse compagnie di assicurazione o da società specializzate. Non è escluso che un’eventuale riforma delle successioni possa andare a pesare sulle polizze a maggiore contenuto finanziario, conservando il regime di favore solo per le altre.
Occhio ai rischi. I rischi di investire nelle polizze vita a contenuto finanziario riguardano vari ambiti. Innanzitutto non è sempre agevole, almeno per chi non ha competenze finanziarie avanzate, comprendere cosa c’è davvero nel singolo portafoglio che si acquista, vale a dire i pesi delle varie componenti. Infine è bene informarsi con attenzione sui livelli di tutela, che non scattano quasi mai in automatico, ma solo oltre certe soglie. Infine è opportuno fare i conti con la variabile dei costi, che spesso sono molto elevati, tanto da rischiare di erodere buona parte del rendimento. Il tutto confrontandolo con i vantaggi fiscali già esposti, ai quali si aggiungono altri due fattori: il pagamento di tutte le imposte solo al riscatto o al decesso dell’assicurato e la possibilità di compensare minusvalenze e plusvalenze, mentre nel caso degli investimenti in Etf e fondi comuni sono previste diverse limitazioni.
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