di Marcello Bussi
Mario Draghi ha fatto molto più di quanto i mercati si aspettavano, eppure le borse, dopo un’iniziale euforia, gli hanno rapidamente voltato le spalle. Al punto che il sito Zero Hedge ha commentato: «Da onnipotente a impotente nel giro di un’ora». La volatilità più elevata è stata registrata a Piazza Affari, dove il Ftse Mib è arrivato a guadagnare il 4,4% fino a un massimo di 19.012 punti per poi invertire la rotta e chiudere in calo dello 0,5% a 18.118 punti.
Il listino milanese ha contenuto le perdite perché vi pesa molto il settore bancario, comunque favorito dalle misure della Bce. Ma a Parigi, dove le banche hanno meno peso, l’indice ha perso l’1,7% e a Francoforte addirittura il 2,3%. Le borse hanno invertito la rotta, come hanno sottolineato gli analisti di Bank of America-Merrill Lynch, «non appena Draghi ha detto che non sono stati presi in considerazione ulteriori tagli sul tasso di deposito nel breve». Una reazione inquietante, che dimostra la sfiducia sull’efficacia delle misure adottate ieri, nonostante, sempre secondo BofA, fossero «al top delle aspettative». Disastroso anche l’andamento dell’euro, con movimenti ancora più parossistici di quelli del mercato azionario: in un attimo l’euro è precipitato da 1,0982 a 1,0861 dollari, per poi risalire a 1,12 con un guadagno di giornata dell’1,8%. Mentre l’oro (che qualcuno si ostina ancora a considerare un bene rifugio da acquistare quando i tempi sono grami) ha guadagnato l’1,2% a 1.273 dollari l’oncia. Movimenti folli anche per il rendimento del Bund decennale tedesco, che si è quasi raddoppiato dallo 0,16% allo 0,31%.
Insomma, ieri come non mai chi è dotato di vista lunga ha potuto guadagnare montagne di denaro in una manciata di minuti. Le mosse adottate dalla Bce con «una maggioranza schiacciante», come ha sottolineato Draghi, sono illustrate nella tabella pubblicata qui a fianco. Le novità più importanti riguardano l’aumento degli acquisti mensili di bond da 60 a 80 miliardi di euro, cosa che sarà resa possibile comprando anche bond investment grade denominati in euro emessi da società non bancarie situate nell’area dell’euro e lanciando a partire da giugno quattro operazioni Tltro di rifinanziamento a lungo termine, ciascuna con scadenza a quattro anni. In sostanza, la Bce farà un prestito alle banche a tassi negativi.
Queste ultime verranno quindi pagate dall’istituto di Francoforte per concedere prestiti all’economia reale (imprese e famiglie) e quanti più ne faranno tanto più saranno remunerate dai tassi negativi. In conferenza stampa a Draghi è stato chiesto se questa fosse una misura diretta a favorire le banche italiane. Il numero uno della Bce ha risposto che «quando discutiamo di simili misure lo facciamo non pensando a un singolo Paese ma all’intera zona euro». Un provvedimento del genere dovrebbe essere salutato con grande favore dalle banche. Se a Piazza Affari gli istituti di credito italiani ieri hanno in genere messo a segno rialzi sostanziosi, le casse di risparmio tedesche hanno invece avuto una reazione durissima. Georg Fahrenschon, presidente del gruppo di lobby delle sparkasse Dsgv, ha sottolineato che i tassi negativi colpiscono gli istituti bancari, i risparmiatori e coloro che aderiscono a piani assicurativi, pensionistici, di previdenza sociale e sovvenzioni. Secondo Fahrenschon, inoltre, l’incremento del volume mensile dell’acquisto di titoli «aumenta la dose di veleno» perché le banche stanno diventando i maggiori creditori governativi, mentre gli investitori di bond devono fare i conti in misura crescente con la carenza di titoli da comprare. Critiche ampiamente esposte nei giorni scorsi dal presidente della Bundesbank, Jens Weidmann, che ieri non ha votato nel consiglio direttivo Bce per questioni di turnazione. Ma alla prossima riunione ci sarà e si farà sicuramente sentire. Pressato in conferenza stampa, Draghi ha dichiarato che, se la Bce non avesse fatto nulla, in questi ultimi due anni avremmo avuto una «disastrosa deflazione».
Il fatto che i mercati ieri gli abbiano voltato clamorosamente le spalle rende però più debole Draghi di fronte alla più che probabile controffensiva di Weidmann. Di certo non sono piaciute le previsioni dei tecnici dell’Eurotower, che per quest’anno si attendono un mesto +0,1% di inflazione, a fronte dell’1% indicato solo tre mesi fa. Per il 2017 si prevede un’inflazione all’1,3% dal precedente 1,6% e per 2018 viene atteso un 1,6%, segno che nemmeno fra due anni sarà raggiunto l’obiettivo di un indice dei prezzi al consumo di poco inferiore al 2%. C’è il sospetto che i mercati non vedano più il bicchiere mezzo pieno, ovvero che il Quantitative easing durerà almeno fino a metà 2018, ma quello mezzo vuoto, vale a dire che nonostante il suo rafforzamento gli obiettivi non saranno raggiunti. Qualcuno ha osservato che con queste previsioni l’Eurotower si è sparata sul piede perché rappresentano la prova che nemmeno a Francoforte credono all’efficacia del Qe. Deludenti anche le stime sul prodotto interno lordo dell’Eurozona: ora la Banca Centrale Europa prevede un +1,4% per il 2016, dal precedente +1,7%, un +1,7% per il 2017 invece dell’1,9% e un +1,8% per il 2018.
A riassumere lo stato d’animo dei mercati ha provveduto ieri Didier Saint Georges, membro del comitato investimenti di Carmignac: «Come previsto, la Bce continua a fare quello che può per allentare le condizioni finanziarie nella zona euro. Questo potrebbe essere sufficiente a mantenere i mercati nel sonnambulismo per un po’ di tempo. Ma gli investitori ascolteranno anche il triplo messaggio che sta dietro le decisioni della Bce: la situazione economica globale continua a deteriorarsi, cosa che già colpisce la zona euro; il Qe non ha funzionato come previsto finora; le controindicazioni dei tassi negativi non possono più essere ignorate e limiteranno rigorosamente la misura in cui la Bce potrà agire ancora con questo strumento». (riproduzione riservata)
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