di Paola Valetini
Dopo il dissesto delle quattro banche sono stati messi nel mirino gli intermediari che hanno venduto i bond subordinati senza aver adeguatamente informato i clienti dei rischi che correvano. Le inchieste in corso cercano proprio di appurare se le obbligazioni sono state collocate a risparmiatori ignari della possibilità che investendo in questi titoli avrebbero potuto perdere il capitale.
Cosa che poi è avvenuta. In attesa che le autorità giudiziarie facciano chiarezza sulla vicenda, una cosa è comunque certa. L’azzeramento dei bond subordinati ha fatto finire prepotentemente sotto i riflettori il tema delicato della tutela del risparmio che in Italia è affidato, tra gli altri, alla Consob. Non a caso la Commissione presieduta da Giuseppe Vegas, a novembre, all’indomani del crack di Banca Marche, Cariferrara, Carichieti e Banca Etruria in vista dell’entrata in vigore dal primo gennaio 2016 delle regole sul bail-in, ha emanato nuove regole di comportamento degli intermediari con i clienti che devono essere ben informati del fatto che, in caso di avvio delle procedure di gestione della crisi da parte della Banca d’Italia, gli strumenti finanziari interessati dal bail-in (come per esempio le obbligazioni, subordinate o meno) potranno subire un abbattimento di valore fino al 100%. Un atto dovuto dopo che migliaia di risparmiatori hanno perso svariati milioni di euro. E ora la stessa Consob ha rivolto lo sguardo, questa volta in chiave preventiva, a un’altra fetta di intermediari che si occupano di risparmio, ovvero le reti di promotori finanziari. Le recenti polemiche intorno al collocamento di bond bancari subordinati e non ai risparmiatori hanno spinto la commissione a reagire alle critiche legate al salvataggio delle quattro banche in dissesto, e alle speculazioni successive, chiedendo un riesame dei meccanismi di analisi e controllo nella distribuzione tramite i promotori finanziari. I quali stanno conquistando uno spazio sempre maggiore nei portafogli delle famiglie italiane. Una tendenza che si è accentuata proprio dopo i guai dei quattro istituti locali in dissesto che hanno avuto ripercussioni in tutto il mondo del credito. A fine dicembre 2015, i prodotti di investimento distribuiti tramite l’attività dei consulenti finanziari abilitati all’offerta fuori sede, sono saliti al valore record di 434,4 miliardi (e anche escludendo le masse di Intesa Sanpaoloprivate banking, che da dicembre è stata inclusa nei dati Assoreti, dopo l’unione a giugno 2015 con Banca Fideuram, gli asset a fine 2015 sarebbero stati pari a 345 miliardi, +9,4% rispetto a dicembre 2014), oltre l’11% della ricchezza totale delle famiglie italiane che in base agli ultimi dati della Banca d’Italia di fine 2014 si attesta sui 3.900 mila miliardi. È l’effetto di una raccolta sui massimi storici: il 2015 si è chiuso con flussi netti pari a 33,4 miliardi, il valore più alto mai rilevato da Assoreti. Anche il portafoglio medio del pf è aumentato molto, raggiungendo il massimo storico di 19,2 milioni. Intanto a fine 2015 il numero di clienti dei pf ha superato la soglia dei 3,6 milioni (+3,5% sul 2014).
Proprio per la sempre maggior incisività dei promotori finanziari nel gestire i risparmi degli italiani, nei giorni scorsi la Consob ha raccomandato alle reti un maggior controllo sui loro pf con l’obiettivo di tutelare i risparmiatori-clienti. Una vigilanza che si aggiunge a quella esercitata dall’Organismo per le tenuta dell’Albo dei pf (Apf) sugli aspiranti pf che richiedono l’iscrizione all’Albo stesso (in tema di requisiti di onorabilità e di professionalità) e sugli iscritti (in questo ultimo caso le verifiche hanno come principale obiettivo quello di garantire il permanere nell’Albo dei soggetti in possesso dei requisiti previsti per l’esercizio della professione). Ad esempio, si legge nell’ultima relazione dell’Apf sul 2014, il numero dei controlli sui pf è cresciuto complessivamente da 12.199 nel 2013 a 13.818 nel 2014 (+ 13%) con un notevole incremento di quelli sui requisiti di onorabilità (+62%) e tra il 1° gennaio al 20 ottobre 2015 le verifiche sono state 10.500 e sono emersi 32 casi significativi. La popolazione dei pf conta 54.976 professionisti, circa il 3% in più sul 2014, di cui attivi (con mandato) sono 36.319 (dati del pre-consuntivo 2015). Ma evidentemente, data la libertà cui godono i pf nell’esercizio della loro professione (non a caso la maggior parte è legata da un rapporto d’agenzia e non di dipendenza con la rete di riferimento), i controlli sul campo sono altrettanto importanti. Per questo motivo, dopo aver condotto, attraverso appositi questionari, un’indagine sulle procedure interne di monitoraggio adottate dalle singole società, la Commissione ha raccolto una serie di informazioni e nei giorni scorsi ha emanato una comunicazione volta a indirizzare gli operatori verso controlli interni ritenuti in linea con la disciplina europea di settore, in particolare la Mifid. «La disciplina di derivazione europea prevede la necessità che gli intermediari si dotino di procedure, anche di controllo interno, atte ad assicurare che gli agenti collegati (ovvero i promotori finanziari, ndr) si attengano, nello svolgimento della propria attività, al rispetto delle disposizioni discendenti dalla normativa medesima», sottolinea l’autorità di controllo dei mercati finanziari. L’intento è chiaro: dopo il caso delle obbligazioni bancarie subordinate che erano state collocate ai clienti dei quattro istituti falliti e poi azzerate, la Consob intende evitare che anche nel mondo dei promotori finanziari possano essere collocati ai risparmiatori prodotti non adatti al profilo di rischio dei clienti. I suggerimenti della Consob riguardano alcune best practice che le reti «dovranno tenere in adeguata considerazione» con l’obiettivo di garantire «prevenzione efficace e tempestiva rilevazione di eventuali condotte non corrette da parte dei promotori medesimi». Le indicazioni si riferiscono ai soggetti preposti alla vigilanza, ai controlli a distanza, alle forme di contatto con i clienti e alle ispezioni presso i promotori finanziari. Ad esempio le organizzazioni di alcune reti prevedono la presenza di manager che coordinano gruppi di promotori finanziari oltre che controllarne l’attività ricevendo in cambio una specifica remunerazione.
La Consob chiede che in tali casi a questi manager vengano dati «idonei strumenti che consentano l’effettivo svolgimento dei compiti di controllo affidati, unitamente alla previsione di penalizzazioni nel sistema di remunerazione in caso di mancato diligente adempimento». Un altro capitolo riguarda le forme di contatto scritto con la clientela. Infatti spesso le reti scrivono direttamente ai risparmiatori per verificare l’attività di un loro pf. «In tale ambito è opportuna la previsione non solo di forme di contatto scritto, ma anche di modalità che presuppongono un’interazione maggiormente diretta con la clientela», sollecita la Consob. Una verifica che è quindi realizzabile anche tramite visite ai clienti.
C’è poi il capitolo delle ispezioni negli uffici dei pf. Al riguardo, la Commissione osserva che «l’effettuazione di un numero adeguato di accertamenti in loco consente di rilevare con particolare efficacia eventuali condotte distorte dei promotori medesimi. La determinazione del numero di verifiche ispettive da condurre è rimessa alla responsabilità di ogni intermediario, che deve a tal fine valutare l’assetto complessivo dei controlli». Certo per le reti di promotori finanziari e di private banker si tratta di un monito che va tenuto in considerazione. Anche se c’è da dire che nel mondo delle reti di consulenti e private banking il problema pare già affrontato nel modello di business. Per questo c’è chi si dice già in linea con il richiamo Consob. «In FinecoBank , il sistema di controlli sui consulenti è ormai consolidato, avendo implementato già da tempo un sistema efficiente, che risulta essere pienamente in linea con la comunicazione Consob», spiegano dalla società guidata dall’ad e dg Alessandro Foti. In Banca Generali , quotata a Piazza Affari, «il processo di monitoraggio dell’attività a favore della clientela avviene attraverso molteplici strumenti», spiega Gian Maria Mossa, condirettore generale di Banca Generali che aggiunge: «La nostra compliance risulta all’avanguardia nei sistemi di controllo con procedure organizzative e funzioni ben definite che consentono uno sguardo attento sulle operazioni, strumenti informativi avanzati per avere sott’occhio in ogni istante le transazioni e il rispetto dei procedimenti nonché la coerenza delle iniziative sul profilo della clientela, poi risulta molto accurato il quadro di reporting diretto alla clientela con cui ci sono anche incontri diretti per avere sul binario ottimale la soddisfazione del servizio di consulenza. Infine aggiungerei anche l’impegno nella formazione come elemento distintivo per far comprendere la rilevanza degli strumenti a disposizione per i diversi interlocutori». Il metodo sviluppato da Banca Generali nel processo di controllo di un’ampia rete (1.715 banker, ndr) consente l’analisi dell’operatività quotidiana. «Il segnale d’attenzione giunto dalla Consob invita a un’analisi ancora più accurata dei processi e, anche dal nostro osservatorio che rappresenta una best practice nel settore, un invito al miglioramento costante del servizio per una professione che ricopre un ruolo fondamentale per il futuro del risparmio delle famiglie», conclude Mossa.
Azimut , dal canto suo, sottolinea che il gruppo «si fonda su un modello di partnership che vede uniti in qualità di azionisti i consulenti finanziari, gestori, management e dipendenti. Questa caratteristica unica nel panorama della consulenza finanziaria italiana ha, tra i suoi meriti, quello di far convergere gli interessi di tutti nell’operare in una società solida e sana. Da sempre il nostro gruppo si distingue per l’attenzione rivolta alle persone, che si concretizza privilegiando, già nella fase di selezione dei futuri colleghi, la qualità degli inserimenti più che la quantità. Particolare attenzione viene prestata al monitoraggio dell’attività posta in essere dai consulenti, sia recependo gli indicatori predittivi indicati dal codice Assoreti, sia implementandoli ogni qualvolta si ravveda un cambiamento normativo o operativo».
Il gruppo presieduto da Pietro Giuliani poi spiega anche che «i risultati degli indicatori, unitamente ad altri elementi quali ad esempio gli esposti della clientela, concorrono alla creazione dello scoring del consulente, indicatore quantitativo che ne indica il grado di potenziale rischio. Al fine di contrastare questo rischio, vengono effettuate numerose visite ispettive ai consulenti finanziari. Un’ulteriore azione di monitoraggio consiste nel chiedere alla clientela la verifica della consistenza del portafoglio e delle operazioni effettuate, che può essere effettuata per mezzo di richieste scritte o di visite dirette ai clienti».
Dopo il richiamo Consob «continueremo a prestare la massima attenzione sia agli strumenti utilizzati per il monitoraggio a distanza sia alla frequenza dei controlli», conclude Azimut . Sulla stessa lunghezza d’onda Fideuram Intesa Sanpaolo Private Banking che oggi è la più grande in Italia per numero di pf (5.760). «Da sempre Fideuram, nell’ottica della tutela della clientela, ha adottato nel tempo sempre più adeguate e sofisticate procedure interne nonché impiegato rilevanti risorse finalizzate a un monitoraggio costante e puntuale dell’attività dei propri consulenti finanziari, tali da renderla già da tempo in linea con le best practice enunciate da Consob», afferma Giuseppe Baiamonte, responsabile coordinamento rete Fideuram Intesa Sanpaolo Private Banking. «Il controllo efficace dei propri consulenti è garantito dalla presenza di una forte attività preventiva. Inoltre, l’attuazione delle linee guide di prevenzione prevede anche l’utilizzo e l’analisi di una serie di indicatori di anomalia, costantemente aggiornati, che permettono una pronta individuazione di situazioni che necessitano di verifiche puntuali anche col coinvolgimento dei manager di rete». Dal gruppo Credem fanno sapere che «il monitoraggio della rete dei promotori finanziari avviene attraverso un articolato sistema di indicatori a distanza a disposizione dei diversi livelli di controllo. A tale presidio si aggiunge la specifica attività ispettiva in loco svolta dalla funzione di audit direttamente negli uffici dei promotori, guidata da criteri sia di rischiosità sia casuali». Il Credem sottolinea ancora che «il richiamo Consob, ribadendo temi chiave nel presidio dei rischi del canale, ci conferma la bontà degli investimenti che stiamo facendo. In particolare coinvolgiamo il cliente chiedendo la sua collaborazione con una risposta scritta di conferma della sua posizione, oppure con la partecipazione a incontri di persona con personale specializzato. La sfida è riuscire a far percepire al cliente il valore aggiunto di questa attività a tutela della qualità del servizio». Massimo Doris, ad di Banca Mediolanum sottolinea che il gruppo «investe già molto sui controlli dei promotori che sono costanti, per non mettere a rischio la fiducia del risparmiatore verso la società» aggiungendo che «il 2015 è stato l’anno in cui hanno registrato il minimo di comportamenti non corretti della rete». (riproduzione riservata)
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