Standard and Poor’s ha pubblicato la sua review annuale sul settore assicurativo italiano, dalla quale emerge che il rischio per i settori danni e vita è “moderato”.

La valutazione riflette i rischi con cui le compagnie si confrontano e deriva anche dal “rischio Paese moderato” dell’Italia. In particolare le compagnie vita “sono sensibili al rischio domestico perché detengono in Italia larga parte dei loro investimenti. Il rischio Paese è “moderato” a causa delle deboli prospettive di crescita economica, dell’elevato rischio del sistema finanziario che deriva dalle condizioni in cui operato il settore bancario italiano. Inoltre ad alto rischio vengono considerate la cultura di pagamento e della legalità.

La maggior parte degli assicuratori italiani sono grandi investitori istituzionali nel debito sovrano domestico e nel settore finanziario. A giudizio di S&P, esse sono quindi altamente esposte al rischio di credito sovrano domestico e alla volatilità del mercato finanziario interno, che è stata superiore a quella di molti paesi europei negli ultimi anni. Inoltre, la crescita del settore assicurativo italiano e prospettive di guadagno sono correlati con i livelli della ricchezza italiana, la politica fiscale e la politica economica.

Il settore assicurativo italiano trae supporto dalla ricca e diversificata economia italiana e dalla posizione relativamente forte negli investimenti internazionali rispetto ai Paesi con rating ‘BBB’. Il Governo sta gradualmente attuando varie importanti riforme, tra cui quella del lavoro e delle banche popolari ma le difficoltà permangono.

Nel settore vita, il rischio è per S&P “intermedio” e si aspetta un ritorno sul patrimonio medio tra lo 0,5%  e lo 0,6% nel corso dei prossimi due anni, in lieve calo rispetto al periodo 2012-2014.

L’agenzia basa tale giudizio su una erosione dei margini a causa di tassi di interesse più bassi, anche se gli expense ratio del ramo in calo e le polizze unit-linked in aumento share dovrebbero attenuare questo punto. S&P stima il return on asset (ROA) delle unit-linked di circa lo 0,8% in media per il mercato italiano. Anche l’aumento della qualità e le azioni degli assicuratori per ridurre le commissioni passive, che rappresentano il 60% delle spese di gestione, supportano la redditività. La previsione di S&P presuppone anche l’assenza di grandi shock di mercato, come ad esempio quelli del 2008 e 2011.

Secondo S&P i prodotti assicurativi tradizionali forniscono un margine lordo stabile, ma espongono anche gli assicuratori al rischio investimento.

I rendimenti dei titoli di Stato a lungo termine restano ben al di sopra dei tassi garantiti delle nuove polizze vita. Inoltre la quantità di plusvalenze latente accumulata dagli assicuratori italiani dalla loro flessibilità finanziaria nel gestire la redditività.

S&P valuta poi come neutrale il rischio di prodotto, precisando che c’è una buona corrispondenza tra attività e passività per la durata.

Gli assicuratori italiani stanno ottimizzando la loro allocazione di capitale nell’attuale contesto di bassi tassi d’interesse e dall 2014 hanno per lo più eliminato i tassi minimi garantiti dalla loro offerta di prodotti. L’agenzia stima che i tassi medi garantiti sulle riserve vita siano diminuiti del 20-30% all’1,7% a fine 2014. Le compagnie restano per altro vulnerabili a potenziali ed improvvisi aumenti dei riscatti.

Sul fronte dei prospettive dei premi, S&P rileva che il mercato è stato molto volatile negli ultimi 10 anni a causa degli sviluppi economici e dei mercati dei capitali, delle mutate condizioni operative delle banche. Dopo il forte aumento del 2013 (+30%) e del 2014 (+30%), S&P si aspetta un rallentamento della crescita al +5-6% nel 2015. Il mercato, per altro è matura, considerando che i premi vita superano il 7% del Pil, un livello superiore alla media europea. Quanto alle barriere, come nel caso dell’assicurazione danni, quelle normative e legali sono basse, mentre sono alte quelle operative, visto che i cinque principali gruppi controllano il 60% del mercato.

Per l’assicurazione danni il giudizio di rischio “intermedio” risulta da differenti considerazioni che vanno da una redditività neutra, un rischio prodotto negativo, una valutazione positiva delle barriere all’accesso al mercato, prospettive neutre di crescita del mercato e una struttura istituzionale intermedia.

S&P ritiene che la redditività del ramo danni in Italia sia adeguata, con un combined ratio previsto al 95-96% nel 2016 (in peggioramento dal 94-95% del 2015 e dal 93,1% del 2014) che dovrebbe tradursi in un Roe del 7-10% in linea con la maggior parte dei Paesi europei di pari livello.

L’agenzia ritiene che il segmento abbia raggiunto il ‘top’ della redditivita’ nel 2014 e si avvii a un modesto peggioramento causato dalla lenta crescita dei premi, dal continuo calo dei prezzi, dall’aumento della concorrenza e da un prevedibile aumento delle richieste di risarcimento per effetto della ripresa del traffico, delle vendite di auto e del Pil.

Inoltre il costo medio dei danni resta relativamente alto. I rischi sul prodotto sono alti data l’imprevedibilità dei risarcimenti, particolarmente nell’Rc auto che rappresenta il 49% dei premi, che spesso porta alla rivalutazione delle riserve per incidenti di anni precedenti, anche a causa della lentezza del sistema giudiziario italiano.

L’Italia inoltre non ha chiare tabelle per i danni fisici approvate per legge, ma si basa sulle tabelle dei tribunali e sull’interpretazioni caso per caso. Resta poi alto il livello di truffe, particolarmente nelle aree urbane del Sud. Gli assicuratori hanno d’altro canto adottato misure ad hoc che hanno portato a significativi miglioramenti. L’Italia ha tra l’altro la maggiore percentuale di auto dotate di scatola nera (circa il 15% dei veicoli assicurati).

Il rischio catastrofi naturali in Italia è valutato come ‘intermedio’. Sul fronte dei premi, S&P stima un calo dell’1-2% nel 2015 e una ripresa dell’1-3% nel 2016.

A fronte di una raccolta premi pari al 2,1% del Pil nominale, nel 2014, secondo S&P l’Italia ha ancora un significato potenziale di crescita di lungo termine nel settore, considerando che la media europea e’ del 2,8%. L’agenzia ritiene poi basse le barriere legali e normative, ma valuta alte quelle operative data la struttura del mercato che è relativamente concentrato essendo per due terzi appannaggio dei 5 maggiori gruppi.

Dal punto di vista della struttura istituzionale l’agenzia assegna una valutazione intermedia alla sorveglianza, ora affidata all’Ivass, mentre resta ancora bassa la valutazione su base storica dovuta al caso Fonsai, che ha evidenziato le insufficienze dell’Isvap. Sul fronte della governance, S&P mette in rilievo la significativa riduzione delle partecipazioni incrociate e dei conflitti d’interesse che hanno vincolato gli assicuratori italiani in passato. L’Ivass, inoltre, sta mettendo sempre più enfasi sull’esplicita responsabilità del cda nel definire l’appetito di rischio, il che è un incentivo per una governance sana.