In mancanza di diversa disposizione contenuta nel contratto, la responsabilità dell’istituto di vigilanza che abbia omesso di adottare le misure convenute o comunque necessarie a sventare tempestivamente il furto – come i giudici di merito hanno accertato essere avvenuto nel caso di specie – si estende all’intero contenuto dell’abitazione da proteggere ed obbliga il responsabile al risarcimento dei danni, commisurati al valore dei beni danneggiati o sottratti, siano questi di proprietà del contraente, o di taluno dei componenti del suo nucleo familiare o con lui conviventi, od anche di proprietà di terzi, nei confronti dei quali il contraente possa essere chiamato a rispondere.
Vero è che il soggetto danneggiato è in linea di principio tenuto a fornire la prova sia dell’esistenza, sia dell’entità dei danni.
Nella specie, tuttavia, da un lato la materiale esistenza del furto e del danneggiamento dell’abitazione è indubbia ed è stata constatata anche dall’Istituto di vigilanza chiamato a risponderne; dall’altro lato è comprensibile, e non è del tutto imputabile a colpa del danneggiato, il fatto che non sia stata fornita la prova specifica della natura degli oggetti sottratti e del loro valore: prova che avrebbe richiesto la predisposizione dell’inventario preciso di tutti i beni e i preziosi esistenti nell’appartamento alla data del furto, e una stima del loro valore ad opera di persona estranea e affidabile: cautele a cui normalmente non si procede.
Correttamente, pertanto, la Corte di appello ha ritenuto di dover attribuire una somma in risarcimento dei danni, in considerazione dell’evidenza e certezza dei danni medesimi e di procedere alla valutazione equitativa sulla base di un parametro di valutazione diverso da quello consistente nel riferimento alla natura ed al valore (entrambi ignoti) degli oggetti sottratti: parametro che ha ravvisato nelle somme pagate dal danneggiato per un servizio che non gli è stato reso, nell’unica occasione in cui se ne è presentata la necessità.
A questa Corte compete solo una valutazione in termini di razionalità del criterio equitativo adottato, e una tale valutazione non può che essere positiva, pur se la somma liquidata è largamente inferiore a quella richiesta.
La valutazione della Corte di appello appare equa nei confronti del danneggiato, perché sarebbe stato suo onere, se non dimostrare la precisa entità dei danni subiti, quanto meno offrire un qualche prova testimoniale, od anche meramente presuntiva, circa la natura e il valore degli oggetti sottratti, sì da giustificare la condanna del responsabile al pagamento di una somma maggiore.
La valutazione è equa anche nei confronti del danneggiante, poiché l’esistenza del danno è certa ed è stata da lui in gran parte verificata, e la somma liquidata a suo carico con riferimento all’importo del corrispettivo ricevuto per il servizio non reso, non è manifestamente sproporzionata per eccesso, in relazione all’importo dei danni da risarcire.
Corte di Cassazione, sez. III Civile, 30 luglio 2015 n. 16195