La crisi nata in Usa dalla manipolazione dei software di controllo delle emissioni sta coinvolgendo diversi aspetti, dalla politica con la perdita di consensi in Germania del cancelliere Merkel e l’avvio di indagini ad ampio spettro da parte di numerose autorita’ nazionali, fino agli aspetti puramente finanziari con le conseguenze sull’intero settore e su singoli business del gruppo tedesco.
Lo scandalo ha infatti iniziato a produrre i primi effetti sulle attività finanziarie del colosso di Wolfsburg con un aumento dei costi di finanziamento e un vincolo alla capacitá di offrire contratti vantaggiosi per sostenere le vendite dei suoi veicoli.
La scorsa settimana ha rappresentato il periodo più nero nella storia della casa automobilistica negli ultimi decenni. Volkswagen è stata infatti accusata dalle autoritá statunitensi di aver manipolato deliberatamente i software per il controllo delle emissioni delle sue vetture diesel per aggirare i test di certificazione. L’accusa riguarda, secondo la stessa Volkswagen, ben 11 milioni di veicoli in tutto il mondo a rischio richiamo.
Volkswagen, che ha già bloccato la vendita di vetture diesel in Usa, si trova da giorni nell’occhio del ciclone con diversi Stati dell’Unione Europea, e non solo, che hanno avviato indagini ad ampio spettro per valutare la presenza o meno del software incriminato. La motorizzazione tedesca ha concesso a Volkswagen tempo fino al 7 ottobre per trovare una soluzione tecnica al problema, mentre dovrebbe arrivare oggi la decisione dello Swiss Federal Roads Office sul possibile divieto di vendita delle auto diesel di tutti i brand del gruppo.
Lo scandalo sta quindi assumendo contorni politici rilevanti al punto da essere visto da alcuni osservatori come un attacco alla leadership tecnologica tedesca, all’intera industria e perfino al cancelliere Angela Merkel. I suoi effetti non si sono fatti sentire solo su Volkswagen, colpita in Borsa da un’ondata di vendite tali da cancellare quasi la metà della capitalizzazione di Borsa.
Tutto il comparto auto è stato penalizzato e molte sono state le case e i fornitori corsi ai ripari per escludere qualsiasi coinvolgimento nello scandalo. Proprio ieri il quotidiano Bild am Sonntag ha parlato del ruolo di Bosch, societa’ di componentistica con un importante ruolo nel segmento del diesel. Secondo il quotidiano Bosch ha fornito il software sotto accusa ma invitato con una lettera ufficiale Volkswagen a non utilizzarlo perchè illegale.
E’ in tale contesto che iniziano a emergere i primi problemi per il braccio finanziario di Volkswagen, responsabile non solo dei finanziamenti per l’acquisto di auto e per i concessionari di tutti i brand del gruppo ma anche gestore di attivitá prettamente bancarie, nonchè assicurative e di locazione.
I contratti di finanziamento o di leasing sono infatti garantiti dalle automobili vendute e nel caso di contrazione del valore delle vetture è necessario scalutarli di conseguenza. Volkswagen Financial Services sta ora valutando se contabilizzare degli oneri sul valore collaterale delle auto interessate da un richiamo, ha spiegato un portavoce. “Siamo in contatto con Volkswagen per valutare il potenziale impatto”, ha aggiunto sottolineando l’intenzione di fornire i primi risultati nei prossimi giorni.
Con oltre 11 mila dipendenti e attivi di bilancio per 114 miliardi di euro, Volkswagen Financial Services ha contribuito nel primo semestre con 781 milioni di euro all’utile netto consolidato di 5,66 miliardi. La divisione ha 12,6 milioni di contratti, il 15% dei quali in Nord America e il 70% in Europa.
Tra l’altro verso la fine della settimana scorsa la Banca Centrale Europea ha deciso di escludere temporaneamente gli Abs emessi da Volkswagen dal suo programma di acquisto di asset per analizzare lo sviluppo della situazione. Per quanto le ‘asset-backed securities’ siano solo una frazione del programma da 60 miliardi di euro di acquisti mensili della Bce, la decisione evidenza la vulnerabilitá di Volkswagen Financial Services allo scandalo sulle emissioni.
L’iniziativa della Bce segue peraltro i commenti negativi delle agenzie di rating e il contestuale aumento dei costi di finanziamento per il braccio finanziario di Vw, che ha giá visto Moody’s rivedere l’outlook sul rating da stabile a negativo.
Lo scandalo ha ovviamente avuto ripercussioni anche sui fondamentali economici di Volkswagen. La scorsa settimana la casa di Wolfsburg ha infatti emesso un profit warning sul 2015 a causa della decisione di contabilizzare accantonamenti per 6,5 miliardi di euro a copertura degli eventuali costi per affrontare la crisi. Lo scandalo ha inoltre avuto conseguenze sui vertici aziendali, colpiti da pesanti critiche per il possibile ruolo avuto in una presunta frode che ha scioccato l’opinione pubblica tedesca. Martin Winterkorn, l’amministratore delegato capace di vincere la faida con il potentissimo Ferdinand Piech, è stato costretto a dimettersi e a lasciare il timone dell’azienda a Matthias Muller.
L’ex numero uno di Porsche ha promesso un’indagine ad ampio spettro sullo scandalo per riconquistare la fiducia del mercato ma intanto ha trovato un sostegno di non poco rilievo nella famiglia Piech/Porsche. Suzuki Motor ha infatti ceduto l’intera partecipazione dell’1,5% detenuta nel capitale di Volkswagen a Porsche Automobil Holding SE, giá maggior azionista del gruppo automobilistico.
Suzuki, che ha concordato con la holding di Stoccarda di non rivelare i termini finanziari dell’operazione, deteneva l’1,5% di Volkswagen nel quadro di un’alleanza strategica su cui ha posto la parola fine poche settimane fa una corte arbitrale londinese. La casa giapponese trasferirá la partecipazione a Porsche mercoledì prossimo e contabilizzerá una plusvalenza di 36,7 miliardi di yen (304 milioni di dollari).
Porsche Automobil Holding Se gestisce le attivitá delle famiglie Porsche e Piech, dirette discendenti di quel Ferdinand Porsche inventore del Maggiolino della Volkswagen negli anni ’30. Con l’acquisto della partecipazione da Suzuki la holding salirá al 32,4% del capitale ordinario di Volkswagen e al 52,2% dell’intero capitale emesso.
L’accordo tra Suzuki e Porsche non solo pone fine ufficialmente ad un’alleanza fallimentare dopo quattro di scontri e controversie ma rafforza l’impegno della holding tedesca verso la sua piú importante partecipata. “Porsche Se considera l’acquisto di 4,397 miliardi di azioni ordinarie di Volkswagen come un forte impegno verso il suo investimento core e sottolinea il suo ruolo di azionista di riferimento nella casa automobilistica con sede a Wolfsburg”, si legge nella nota della holding di Stoccarda.
Fonte: MF Dow Jones