La tavola rotonda tenutasi giovedì 5 marzo presso l’Hotel Excelsior San Marco di Bergamo si è configurata come un’importante occasione di discussione pragmatica sul tema della gestione della dipendenza,

nell’ambito della quale è stato evidenziato quanto sia prioritario per l’Italia esaminare la questione non solo sotto il profilo socio-sanitario, ma anche dal punto di vista di sviluppo economico per il sistema paese.

L’appuntamento è stato la conferma di un grande interesse sull’argomento, una sala piena, i dati forniti dagli esperti del settore e il vivo dibattito conclusivo sono le evidenze che testimoniano la necessità di agire. All’evento ha preso parte il Ministero della Salute oltre che esponenti del mondo accademico, esperti di

servizi socio-sanitari e membri apicali di fondi sanitari e casse di previdenza.

La rapida evoluzione delle componenti della popolazione, dei suoi bisogni sanitari e socio-sanitari, combinata ad una limitazione delle risorse economiche destinabili a questi servizi ed al cambiamento dei contesti sociali-famigliari, sono gli elementi che hanno spinto all’organizzazione di questo costruttivo momento di riflessione finalizzato alla necessità di stimolare un’evoluzione della presa in carico della “Non Autosufficienza” in Italia.

La tavola rotonda, introdotta da Stefano Ronchi, Managing Director di Valore srl e moderata da Paolo Messa fondatore della rivista Formiche, ha preso il via con un confronto tra l’Italia e altri Paesi europei sul tema dei modelli di presa in carico della dipendenza con l’intervento del Presidente del Gruppo Orpea Jean Claude Marian. Hanno portato il loro contributo al confronto Antonio Sebastiano, Direttore dell’Osservatorio sulle Rsa della LIUC, Alberto Portioli, Responsabile Osservatorio ASI del Politecnico di Milano, Claudio Genovesi, Presidente del Fondo Prevaer, Attilio Maria Navarra, Presidente di Italiana Costruzioni, Luigi Mario

Daleffe, Responsabile Fondo Sanità, oltre a Roberto Scrivo, Capo della Segreteria del Ministero della Sanità.

I temi di cruciale importanza sui cui si è sviluppato il confronto alla tavola rotonda di giovedì 5 marzo sono il confronto tra i modelli di presa in carico della dipendenza in Europa e in Italia, il rapporto Stato-Regioni nella gestione dell’assistenza alla non autosufficienza, le sinergie tra pubblico e privato nella gestione della dipendenza, il ruolo degli investimenti privati a sostegno di politiche di presa in carico della dipendenza e l’effetto sul sistema economico e produttivo, il ruolo dei fondi pensioni, casse di previdenza e fondi sanitari nella gestione della dipendenza, lo stato dell’arte del settore RSA in Italia, la composizione delle prestazioni dei fondi sanitari integrativi.

 “Le normative sull’accreditamento, pur riferendosi a un medesimo provvedimento legislativo nazionale, non sono state in grado, nelle diverse attuazioni regionali, di promuovere un’indispensabile omogeneizzazione

delle risposte assistenziali e dei percorsi in riabilitazione. Ciò comporta che i volumi di attività e la distribuzione dei servizi siano molto sbilanciati fra le diverse Regioni e, talvolta, tra aree diverse della medesima Regione. Inoltre, la continuità assistenziale è perseguita, ma non sempre ottenuta, attraverso la concatenazione di diversi interventi singoli. Infine un limite è rappresentato dai regimi di rendicontazione e tariffazione differenti, che non sono fondati sul reale utilizzo delle risorse assegnate, ma su DRG basati solo su codici di malattia e non di disabilità o complessità” (fonte: Quaderni del Ministero della Salute, marzo-aprile 2011 Min. Sacconi).

La corretta organizzazione di una filiera di assistenza sanitaria e sociosanitaria in grado di assicurare un’adeguata, efficace ed efficiente presa in carico dei pazienti ai vari livelli dovrebbe essere strutturata nell’ottica di migliorare l’attuale livello delle prestazioni e di impiegare le risorse in modo più efficiente. Il processo di evoluzione del SSN verso un modello integrato prevede necessariamente dei consistenti investimenti sia a livello strutturale che organizzativo e funzionale, i quali non possono essere in carico solo alla

finanza pubblica.

In questo ambito è importante cogliere e valorizzare il ruolo dei sistemi di welfare privato quali fondi pensione, casse di previdenza e fondi sanitari e aumentare la capacità di attrazione di investitori esteri.

La questione non può prescindere dall’esame del sistema fiscale: citiamo i recenti provvedimenti normativi in materia di tassazione delle rendite finanziarie dei fondi pensione e della casse nonché il credito di imposta riconosciuto sui rendimenti degli investimenti effettuati in economia reale, mentre per gli iscritti ai fondi sanitari e mutue è prevista una deducibilità dei contributi versati agli stessi fino ad un massimo di 3.615,2 euro. Certamente occorre una riflessione d’insieme sulle risorse private che possono essere fatte convergere sul sistema di tutela della non autosufficienza in rapporto a precise scelte di politica fiscale.

Non da ultimo, in un momento di difficoltà del mercato immobiliare e considerato il peso sul PIL dello stesso, non va trascurato l’impatto degli investimenti in RSA.

IL CONTESTO EUROPEO E ITALIANO

In Italia la progressiva senescenza della popolazione comporterà un generalizzato incremento delle patologie di natura neurologica quali l’Alzheimer. Il cambiamento del modello sociale famigliare, porterà ad avere

un significativo numero di famiglie mono-persona, in particolare nella fascia avanzata di età. Lo sviluppo dell’assistenza domiciliare e della telemedicina potrà fronteggiare solo in parte il crescente bisogno di assistenza sociosanitaria, continuando a necessitare a valle di un sistema di accoglienza ed assistenza residenziale per i casi più gravi nelle RSA.

In particolare mentre l’Italia non ha ancora affrontato una riforma sistematica della tutela della non autosufficienza, Francia, Spagna e Germania hanno varato riforme e importanti revisioni dei sistemi esistenti tra il 2006 e il 2008: ad oggi in Italia è previsto un Fondo per la non autosufficienza, che la recente legge di stabilità ha aumentato a 400 Ml; a questo si affianca l’indennità di accompagnamento, prestazione monetaria il cui impegno finanziario tra il 2002 e il 2009 è passato da 7.6 a 12.2 miliardi di euro.

Jean Claude Marian, Presidente Gruppo Orpea ha detto: “La gestione delle non autosufficienze è un tema che deve essere affrontato attraverso un sistema di programmazione, di normativa e di controllo unitario a livello nazionale, con una visione di medio lungo periodo. Nell’interesse del singolo cittadino da assistere e nell’ottica dell’efficienza e dell’efficacia nella gestione del bisogno assistenziale, è opportuno puntare ad

una cooperazione coordinata tra sistema pubblico e privato nel pieno reciproco rispetto delle funzioni di entrambi. Solamente un corretto confronto su basi concrete ed operative sarà utile per approntare delle scelte

strategiche ed operative e delineare quegli investimenti necessari ed opportuni a permettere al sistema di affrontare il futuro bisogno di assistenza in modo pragmatico. Il Gruppo Orpea, società di riferimento nel

settore delle case di riposo, delle cliniche riabilitative e delle cliniche psichiatriche in tutta Europa, dopo aver realizzato 579 strutture tra Rsa (case di riposo per anziani non autosufficienti) e cliniche di riabilitazione in Francia, Spagna, Belgio, Svizzera, Germania, Austria, Repubblica Ceca, mira a portare il proprio know how ed esperienza di oltre 25 anni nel settore per ampliare e migliorare la qualità dei servizi legati alle non autosufficienza in Italia.

Roberto Scrivo, Capo della Segreteria del Ministero della Sanità ha parlato del sistema sanitario, che per anni “è stato considerato esclusivamente come una fonte di costo. E ciò non solo in Italia ma in gran parte del mondo occidentale. Le nuove scoperte della scienza, i cambiamenti demografici e, quindi, dei bisogni dei cittadini, rendono la nostra società più complessa ed impongono un cambio di paradigma. Le persone hanno una vita più lunga e produttiva, si muovono in giro per il mondo con maggiore facilità e, grazie alle nuove tecnologie, hanno termini di confronto e misurano i diversi sistemi sanitari che, quindi, diventano anche una leva di sviluppo e di competitività.

Il sistema italiano ha caratteristiche peculiari che lo rendono un modello anche per altri Paesi occidentali, che guardano alla nostra capacità di tenuta del modello universalistico. E’ necessario però cogliere le nuove sfide sociali per definire modelli di spesa più efficaci, che garantiscano innanzitutto la presa in carico ed i livelli assistenziali, ma che possano anche portare il sistema ad essere un modello di competitività e di attrazione degli investimenti. Ci sono le condizioni, gli investimenti in nuove R.S.A. vanno in questa direzione, ma è necessario catalizzare queste opportunità affinché iniziative importanti come quella di Verdello non rimangano isolate ma siano piuttosto il segno di una rinnovata disponibilità ad investire in tutto il Paese,

anche in un contesto di concorrenza positiva tra pubblico e privato.

Stefano Ronchi, Managing Director di Valore srl ha detto: “Il sistema sanitario italiano è un modello per altri paesi perché basato su un approccio universalistico che hanno pochi paesi al mondo; alla tenuta di questo modello concorreranno diversi fattori inerenti l’impiego delle risorse pubbliche disponibili, ma concorreranno anche le risorse della sanità integrativa che in questi ultimi anni sono cresciute con trend esponenziali, per merito delle imprese e di tutte le parti sociali che hanno siglato accordi per la nascita di nuovi fondi sanitari e ne hanno gestito lo sviluppo con efficace responsabilità. A queste risorse private di integrazione alla spesa sanitaria, occorre considerare le risorse dei fondi pensione e delle casse private, parte delle quali possono rappresentare un volano importante per gli investimenti nello sviluppo dei real assets sanitari (rsa, ra, etc), la valorizzazione dei quali da parte dei migliori gestori del mercato, avrà ricadute positive sul Pil nazionale: in una prospettiva di Sistema Sanitario che non sia solo una fonte di costo, ma una leva di investimento, la triangolazione sistema pubblico-enti welfare privati-gestori privati di servizi socio-sanitari può rappresentare un’importante occasione di sviluppo economico e di equilibrio del sistema sanitario, se ben regolamentata ed efficientemente gestita.

Antonio Sebastiano, Direttore dell’Osservatorio sulle Rsa della LIUC ha commentato: “Il pericolo della non sostenibilità futura dell’attuale sistema di welfare, soprattutto in materia di Long-Term Care, è determinato da un insieme di concause che non sono solo di matrice strettamente anagrafica (invecchiamento della popolazione). Al di là delle problematiche di finanziamento del sistema complessivo, i nodi più critici riguardano l’eccessiva frammentazione delle risposte, il forte sbilanciamento della spesa pubblica verso i cash benefit e le marcate differenze che intercorrono tra i singoli sistemi socio-sanitari regionali.

Alberto Portioli Staudacher, Direttore Osservatorio Assistenza Sanitaria Integrativa- Politecnico di Milano ha detto: “Il nuovo contesto sociale e demografico porta alla ribalta il tema della non autosufficienza e della LTC. La popolazione con 75 anni o più, è aumentata del 30% negli ultimi 10 anni, arrivando a superare i 6 milioni di persone. Il 90% di queste persone ha una qualche patologia cronica. Le prime evidenze

dell’indagine dell’Osservatorio confermano la funzione sussidiaria dei fondi sanitari rispetto all’azione pubblica per la Tutela della Salute, con particolare attenzione alle aree in cui il contributo pubblico è minore quali l’odontoiatria, la prevenzione e la cura della non autosufficienza. Pertanto con particolare riferimento alla LTC, la soluzione sta in un intervento integrato pubblico privato articolato su diverse linee d’azione:

– aumentare le risorse attirando investimenti, Italiani ed esteri, tramite opportuni incentivi: si tratta di un cambiamento di paradigma, portando lo stato a muoversi da una visione centrata sulla gestione della allocazione dei costi fra i diversi soggetti, a una visione di sviluppo e orientamento. In concreto, lo Stato offre degli incentivi, che stimolano investimenti da parte di soggetti privati ed Enti, creano occupazione e sviluppo, con un effetto moltiplicatore che aumenta il PIL e il benessere complessivo. Il tutto senza aumentare i costi a carico dello Stato.

– coordinare le azioni dei diversi soggetti, in modo che vi sia il miglior mix di interventi e di attori: dalla acuzie in ospedale, dalla cura a domicilio, all’ospitalità in una RSA. – aumentare l’efficienza dei processi dei diversi soggetti coinvolti, con migliori procedure, e con l’ausilio delle nuove tecnologie.

Claudio Genovesi, Presidente Prevaer ha dichiarato: “Premesso che occorre restituire centralità alla famiglia, primo vero pilastro del welfare, depositaria di valori, recuperando la filiera degli affetti che attraversa più generazioni. Non si può trascurare l’evoluzione della società con l’aumento delle attese di vita e un sempre maggior numero di famiglie mononucleari, più semplicemente single, avviati ad una terza età in solitudine, quindi bisognose di attenzione. Fondi sanitari e Fondi Pensione, oltre ad assicurare serenità ed assistenza, hanno l’obbligo morale di investire anche in cose concrete nell’economia reale, e l’iniziativa odierna mi sembra un ottimo esempio. Un richiamo, infine, al governo che, con il DDL sulla “concorrenza” è la terza volta nel giro di pochi mesi che interviene sui Fondi Pensione e sulle casse di Previdenza. Parrebbe un accanimento terapeutico nel senso opposto, non per prolungare la vita ma per seppellire rapidamente il welfare faticosamente impostato in 20 anni, dal legislatore, che sino a oggi ha avuto chiaro che si trattava di risparmio previdenziale e non una speculazione finanziaria, occorre cambiare verso.

Luigi Mario Daleffe, Responsabile Fondo Sanità ha detto: “In Italia siamo fortunatamente stati abituati ad avere una solida storia famigliare che ha compensato tutta una serie di problemi. Purtroppo questa

realtà italiana ha una storia nel passato, ma non ne avrà nel futuro. Già in questi anni gran parte del sostegno che era garantito, in caso di necessità, dalle famiglie, è stato sostituito da quello fornito dalle badanti. Anche questo supporto, che comunque, pur con tutta la buona volontà, era ed è “dilettantistico”, non è prevedibile per il futuro. Servono due linee di intervento: da un lato aumentare le strutture di sostegno alla dipendenza e migliorare la qualità e la quantità dei servizi e dall’altro trovare i finanziamenti per perseguire tale obiettivo. Genericamente, i fondi di previdenza complementare, ma anche le casse previdenziali privatizzate, sarebbero ben felici di avere dei fondi specifici in cui investire parte del loro patrimonio con questo obiettivo Ancor più nello specifico, ritengo che sia FondoSanità come previdenza complementare, sia ENPAM come cassa obbligatoria dei medici, siano estremamente interessati ad intervenire nel campo sia come soggetti investitori, sia come partecipanti attivi, visto che questo campo della sanità necessariamente avrà sempre più spazio in futuro.