La retribuzione degli italiani, per chi ha la fortuna di avere un lavoro, non dà segni di miglioramento. In tutti i settori la situazione si presenta ancora molto contratta, accentuando la distanza tra gli italiani e i lavoratori del resto d’Europa.
È questo il dato più significativo che emerge da un’analisi di Towers Watson sulle politiche retributive 2014/2015, basata su un campione di 500 aziende, in prevalenza medio-grandi, appartenenti ai principali settori industriali, ad esclusione dei servizi finanziari.
Nel 2014, la dinamica generale della retribuzione fissa nel mercato italiano è stata piatta: i budget del personale hanno mostrato una crescita molto contenuta, intorno al 2,5%, per tutte le categorie.
Emerge però che un top manager italiano, a fronte di una retribuzione media di 228mila euro lordi annui guadagna, a livello di retribuzione netta, il 10% in meno rispetto a uno francese, il 15% in meno di un tedesco e il 23% nei confronti di uno spagnolo.
Il confronto è perdente anche rispetto ai mercati emergenti come Polonia e Turchia; quest’ultimo è il paese che negli anni è cresciuto di più e presenta differenze non così significative rispetto all’Italia dal punto di vista della retribuzione lorda.
Il differenziale rispetto alle retribuzioni nel resto d’Europa è più contenuto tra i dirigenti, che in Italia portano a casa mediamente 110mila euro lordi annui, il 5% meno degli omologhi francesi e il 2% rispetto a quelli britannici.
La situazione è, invece, particolarmente difficile per i quadri, che nell’ultimo triennio hanno visto addirittura contrarsi le retribuzioni (-3,3%, ma la perdita di potere d’acquisto è superiore all’8% considerando l’impatto dell’inflazione) e guadagnano mediamente 55mila euro lordi. Si difendono invece i sales (51mila euro annui di media), che nell’ultimo triennio hanno visto crescere intorno al 15% le retribuzioni e guadagnano più o meno in linea con i colleghi europei. Un trend che si spiega con la persistente crisi dei consumi nel nostro Paese, che spinge le aziende a premiare maggiormente i venditori più abili.
Un dato positivo riguarda l’attenuazione delle differenze retributive tra uomini e donne: tra i quadri si aggirano intorno a un punto percentuale, si sale a tre nel caso dei dirigenti. L’eccezione è rappresentata dal settore vendite, dove la forbice arriva al 12%. Va però sottolineato che solo poche donne arrivano a occupare posizioni di vertice: sono appena il 16% dei direttori attivi nelle aziende italiane, il 23% dei dirigenti e il 35% dei quadri.
Le previsioni per il 2015 sono sicuramente migliori rispetto al consuntivo del 2014, si attendono infatti aumenti di circa il 3% per i direttori, del 2,9% per dirigenti e venditori e infine del 2,8% per quadri e impiegati. Dati positivi in considerazione del fatto che l’inflazione è destinata a restare debole ancora per qualche tempo. Per concludere, l’indagine sottolinea come la parte di retribuzione variabile stia assumendo un peso crescente per trattenere i dipendenti e questa aumenti proporzionalmente alla responsabilità aziendale ricoperta.