L’accertamento dei due rapporti in cui il responsabile del sinistro è coinvolto – quello col danneggiato, sorto dal fatto illecito, e quello, di origine contrattuale, con l’assicuratore – non può che essere unico e uniforme per tutti e tre i soggetti coinvolti nel processo.
Tale interpretazione si basa sul rilievo che nella giurisprudenza di legittimità, sin dagli anni ottanta è costante l’affermazione che la legge n. 990 del 1969, prevedendo l’azione diretta del danneggiato contro l’assicuratore, e limitando le eccezioni che questi gli può opporre, ha creato, accanto ai due innanzi indicati, un terzo rapporto che, sul presupposto del primo e in attuazione del secondo, obbliga ex lege l’assicuratore verso il soggetto leso: di talché questi, allorché agisce in giudizio, non chiede che l’assicuratore sia condannato ad adempiere in suo favore l’obbligo contrattualmente assunto nei confronti dell’assicurato, ma fa valere un diritto suo proprio.
In tale contesto, e con particolare riguardo alle dichiarazioni confessorie rese dal presunto responsabile, siano o meno contenute nel cosiddetto CID, le sezioni unite hanno quindi negato che, nel giudizio instaurato ai sensi della legge n. 990 del 1969 art. 18, possa, in base a esse, pervenirsi a decisioni differenziate, in ordine ai rapporti tra responsabile e danneggiato, da un lato, e danneggiato ed assicuratore dall’altro.
In particolare, precisato che dichiarazioni confessorie sono solo quelle in cui siano ammessi fatti che, “valutati alla stregua delle regole in materia”, possano portare alla condanna del soggetto che le ha rese (e non quindi le mere assunzioni di responsabilità o di colpa), hanno affermato che
– l’eventuale confessione, contenuta nel modulo di constatazione amichevole del sinistro sottoscritto dal responsabile del danno proprietario del veicolo assicurato e – come tale – litisconsorte necessario
– non ha valore di piena prova nemmeno nei confronti del confitente
– ma deve essere liberamente apprezzata dal giudice, in applicazione della regola di cui all’art. 2733 cod. civ., comma 3, secondo cui, in caso di litisconsorzio necessario, la capacità probatoria della confessione resa da alcuni soltanto dei litisconsorti è, per l’appunto, affidata alla prudente valutazione del giudice
(Corte di Cassazione, sez. VI Civile – 3, ordinanza 23 gennaio 2014 n. 1394).