Dopo dieci anni di crescita intensa, i BRICS rallentano significativamente: per il 2014, Coface prevede una crescita mediamente inferiore di 3,2 punti, rispetto alla crescita media registrata da questi paesi nell’ultimo decennio. Allo stesso tempo, altri paesi emergenti accelerano il proprio sviluppo. Tra questi, una top
10 possiede buone prospettive in termini di produzione e capacità di finanziamento sufficienti a sostenere l’espansione.
Oltre a una crescita elevata in accelerazione, è necessaria una capacità di finanziamento che sostenga gli investimenti.
Nonostante una dinamica favorevole dei consumi, i BRICS assistono ad un minore rallentamento della crescita dovuta all’adattamento dell’offerta e ad un significativo rallentamento degli investimenti. Le imprese locali non possiedono più capacità produttiva sufficiente per rispondere a una domanda ogni giorno più forte.
Al fine di identificare i paesi promettenti che prenderanno il posto dei BRICS, Coface ha individuato alcuni criteri di cui due essenziali:
– paesi che registrano una crescita elevata in accelerazione, con un’economia diversificata e resiliente ai rallentamenti di crescita;
– paesi che hanno capacità di finanziamento sufficienti ad alimentare la crescita (livello minimo di risparmio necessario ad evitare l’eccessivo ricorso a prestiti esteri), senza il rischio di creare bolle del credito o che non possiedono ancora mercati azionari di dimensione paragonabile a quelli dei paesi dell’OCSE.
Colombia, Indonesia, Perù, Filippine e Sri Lanka: un forte potenziale confermato da un contesto imprenditoriale solido
Coface ha individuato solo dieci “nuovi paesi emergenti” che rispondono a tutti i criteri. Ma questi non sono uguali in termini di contesto imprenditoriale – le cui lacune potrebbero infatti impedire la crescita. Coface distingue perciò due gruppi di “nuovi emergenti”:
– Colombia, Indonesia, Perù, Filippine e Sri Lanka hanno un contesto imprenditoriale solido (A4 or B), simile a quello dei BRIC oggi.
– Kenya, Tanzania, Zambia, Bangladesh ed Etiopia evidenziano invece un contesto imprenditoriale molto difficile (C) o estremamente difficile (D) che potrebbe essere un freno all’esplosione del loto potenziale.
«Naturalmente, i paesi del secondo gruppo incontreranno maggiori difficoltà e potrebbero impiegare più tempo a realizzare pienamente il loro potenziale di crescita. Tuttavia, i loro problemi di contesto imprenditoriale sono relativi: nel 2001, la qualità della governance in Brasile, Cina, India e Russia era simile a quello del Kenya, Tanzania, Zambia, Bangladesh ed Etiopia oggi », dichiara Julien Marcilly, Responsabile Rischio Paese di Coface.
L’espansione dei “nuovi emergenti” prenderà una strada diversa da quella dei BRICS
Si evidenziano ancora alcune debolezze rispetto ai BRICS degli anni 2000. Innanzitutto i dieci “nuovi emergenti” identificati rappresentano attualmente solo l’11% della popolazione mondiale mentre i BRICS contavano per il 43% della popolazione nel 2001. Secondariamente, il livello del loro Pil rappresenta solo il 70% di quello dei BRICS nel 2001. Infine, i BRICS registravano in media un attivo di parte corrente mentre i nuovi emergenti registrano un deficit di circa il 6% del Pil.
«La crescita delle economie avanzate è oggi strutturalmente più debole, i “nuovi emergenti” potrebbero beneficiare meno del commercio verso questi paesi rispetto ai BRICS negli anni 2000. Il ritmo dell’espansione dipenderà più dai loro mercati interni e dalle esportazioni verso altri mercati emergenti» conclude Julien Marcilly.
Nonostante un contesto meno vivace, i nuovi emergenti hanno dei vantaggi rispetto ai BRICS del 2001. Il loro tasso di inflazione infatti è più basso di circa 2,8 punti rispetto a quello riscontrato nei BRICS, e il livello del debito pubblico è pari al 40% circa del Pil contro il 54% nei BRICS all’epoca.