In materia di infortuni sul lavoro e malattie professionali, trova diretta applicazione la regola contenuta nell’articolo 41 del Cp, per cui il rapporto causale tra evento e danno è governato dal principio dell’equivalenza delle condizioni, in forza del quale va riconosciuta l’efficienza causale ad ogni antecedente che abbia contribuito, anche in maniera indiretta e remota, alla produzione dell’evento, mentre solamente se possa essere con certezza ravvisato l’intervento di un fattore estraneo all’attività lavorativa, che sia di per sé sufficiente a produrre l’infermità tanto da far degradare altre evenienze a semplici occasioni, deve escludersi l’esistenza del nesso eziologico richiesto dalla legge.
Nel caso, in cui il soggetto era deceduto a seguito di epatite cronica contratta da emotrasfusione resasi necessaria dopo un infortunio in itinere, risultava certo e documentalmente comprovato (e, peraltro, neanche contestato in giudizio) che le emotrasfusioni si erano rese indispensabili a causa della necessità di trattamento chirurgico delle fratture subite nell’infortunio in itinere e, dunque, in diretta dipendenza causale dall’infortunio. Pertanto, l’epatite, contratta a causa delle emotrasfusioni, non poteva che essere dipesa, per mediazione causale, dall’infortunio stesso).
Corte di cassazione, sezione Lavoro, sentenza 7 maggio 2013 n. 10565