Per ritenere corretto il trasferimento della posizione di garanzia del datore di lavoro, è necessario che al soggetto preposto a tal fine sia assicurata la disponibilità di tutti gli strumenti di autonomia operativa, gestionale e finanziaria indispensabili al fine di garantire l’adozione di tutte le misure precauzionali funzionali alla tutela piena e integrale della vita e dell’incolumità dei lavoratori occupati nell’azienda, e che il trasferimento attuato mediante la delega valga a individuare in modo preciso e determinato gli specifici poteri attribuiti al delegato, a sua volta da individuare, soggettivamente, in persone dotate della necessaria competenza a darvi attuazione.
In materia di violazione della normativa antinfortunistica, gli obblighi di cui è titolare il datore di lavoro ben possono essere trasferiti ad altri sulla base di una delega, purché
– espressa
– inequivoca
– certa.
Tale delega, inoltre, là dove rilasciata a soggetto privo di una particolare competenza in materia antinfortunistica e non accompagnata dalla dotazione del medesimo di mezzi finanziari idonei a consentirgli di fare fronte in piena autonomia alle esigenze di prevenzione degli infortuni, non è sufficiente a sollevare il datore di lavoro dai propri obblighi in materia e a liberarlo dalla responsabilità per l’infortunio conseguito alla mancata predisposizione dei necessari presidi di sicurezza.
In particolare, in ipotesi di delega di funzioni spettanti al datore di lavoro, è necessario verificare in concreto che il delegato abbia effettivi poteri di decisione e di spesa in ordine alla messa in sicurezza dell’ambiente di lavoro, indipendentemente dal contenuto formale della nomina.
Il datore di lavoro, in quanto titolare di una posizione di garanzia in ordine all’incolumità fisica dei lavoratori, ha il dovere di accertarsi del rispetto dei presidi antinfortunistici vigilando sulla sussistenza e persistenza delle condizioni di sicurezza ed esigendo dagli stessi lavoratori il rispetto delle regole di cautela, sicché la sua responsabilità può essere esclusa, per causa sopravvenuta, solo in virtù di un comportamento del lavoratore avente i caratteri dell’eccezionalità, dell’abnormità e, comunque, dell’esorbitanza rispetto al procedimento lavorativo e alle precise direttive organizzative ricevute, connotandosi come del tutto imprevedibile o inopinabile.
Al riguardo, la circostanza che il lavoratore avesse imprudentemente, o in modo negligente, assicurato l’anta del cancello de quo o fosse impudentemente rimasto nei pressi dell’area di caduta della stessa, non vale a escludere la responsabilità del datore di lavoro, dovendo ritenersi ricompreso, entro l’ambito delle responsabilità di quest’ultimo, l’obbligo di prevenire anche l’ipotesi di una condotta imprudente o negligente del lavoratore, al fine di scongiurare la verificazione delle prevedibili evenienze riconducibili all’ordinario sviluppo delle lavorazioni oggetto d’esame.
Il datore di lavoro, infatti, in quanto destinatario delle norme antinfortunistiche, è esonerato da responsabilità quando il comportamento del dipendente, rientrante nelle mansioni che gli sono proprie, sia abnorme, dovendo definirsi tale il comportamento imprudente del lavoratore che sia consistito in qualcosa radicalmente, ontologicamente, diverso dalle ipotizzatoli e, quindi, prevedibili, imprudenti scelte del lavoratore nell’esecuzione del lavoro.
L’errore sulla legittima aspettativa che non si verifichino condotte imprudenti dei lavoratori non è invocabile da parte del datore di lavoro, il quale, per la sua posizione di garanzia, risponde dell’infortunio
– sia a titolo di colpa diretta, per non aver negligentemente impedito l’evento lesivo ed eliminato le condizioni di rischio
– che a titolo di colpa indiretta, per aver erroneamente invocato a sua discriminante la responsabilità altrui qualora le misure di prevenzione siano state inadeguate.
Corte di Cassazione, sez. IV Penale, 4 novembre 2013 n. 44482