Considerata la natura intrinsecamente pericolosa dell’attività sportiva esercitata sulle piste da sci, nonché l’estensione delle stesse e la loro possibile intrinseca anomalia, anche per fattori naturali, affinché si possa pervenire all’individuazione di un comportamento colposo in capo al gestore ex art. 2043 c.c., con conseguente obbligo di risarcimento del danno, è necessario che il danneggiato provi l’esistenza di condizioni di pericolo della pista che rendano esigibile la protezione da possibili incidenti, condizioni in presenza delle quali risulta configurabile un comportamento colposo del gestore per la mancata predisposizione di protezioni e segnalazioni, ricadendo, invece, sul gestore l’onere di provare fatti impeditivi della propria responsabilità, quali la possibilità per l’utente di percepire e prevedere, con l’ordinaria diligenza, la suddetta situazione di pericolo.
La Corte ha escluso la responsabilità del gestore dell’impianto, atteso che il sinistro aveva coinvolto uno sciatore che procedeva a velocità non consona, lungo una pista di media difficoltà (rossa) larga circa trenta metri, e che, dopo essere caduto, aveva urtato contro la staccionata in legno che delimitava la pista, in prossimità di una scarpata
– in zona ad ampia visibilità:
– in assenza di curve
– senza pendenza verso l’esterno
e, quindi, in assenza di quelle condizioni particolari che, secondo la normativa di settore, impongono al gestore della pista l’adozione di misure protettive.
Cassazione civile sez. III, 19 febbraio 2013 n. 4018