Non è ammissibile nel nostro ordinamento l’autonoma categoria del “danno esistenziale” né è consentito procedere ad autonoma liquidazione delle suddette conseguenze pregiudizievoli, ma dei danni inclusi nell’àmbito di tale categoria va tenuto conto nel determinare l’unica somma destinata a risarcire tutti i pregiudizi di carattere non patrimoniale concretamente patiti dalla vittima, tramite adeguata personalizzazione della somma complessivamente dovuta in risarcimento, rispetto a quella che risulterebbe dalla mera applicazione delle tabelle di liquidazione dei danni biologici e morali.
Resta quindi preclusa l’ammissibilità – all’interno dell’unica fattispecie risarcibile danno non patrimoniale, di cui all’art. 2059 cod. civ. – del separato e autonomo risarcimento di specifiche fattispecie di sofferenza (danno alla vita di relazione, danno estetico, danno esistenziale, ecc.), con l’effetto di incorrere in duplicazioni risarcitorie, fermo restando l’obbligo del giudice di tenere conto di tutte le peculiari modalità di atteggiarsi del danno non patrimoniale nel singolo caso, tramite l’incremento della somma dovuta a titolo risarcitorio nella personalizzazione della liquidazione.
Corte di Cassazione, sez. III Civile, sentenza 23 settembre 2013 n. 21716