L’accertamento di postumi, incidenti con una certa entità sulla capacità lavorativa specifica, non comporta l’automatico obbligo del danneggiante di risarcire il pregiudizio patrimoniale, conseguenza della riduzione della capacità di guadagno (derivante dalla ridotta capacità lavorativa specifica) e, quindi, di produzione di reddito. Detto danno patrimoniale da invalidità deve, perciò, essere accertato in concreto, attraverso la dimostrazione che il soggetto leso svolgesse o (trattandosi di persona non ancora dedita ad attività lavorativa) presumibilmente avrebbe svolto, un’attività produttiva di reddito.
Il caso
II sig. G. subisce lesioni alla persona nel corso di un incidente stradale. All’esito del giudizio promosso contro il danneggiante e l’assicuratore, i giudici del merito non gli riconoscono il danno alla capacità lavorativa specifica, rilevando che, siccome lui non aveva specificato il livello di insegnamento svolto quale istruttore di arti marziali, non sussistevano elementi per esprimere una corretta valutazione percentuale in relazione agli esiti permanenti sulla detta capacità lavorativa, pur non potendosi escludere una ripercussione sfavorevole sulle attività lavorative richieste da simile specialità sportiva. Il danneggiato propone ricorso per cassazione.
La decisione
La sentenza in commento respinge il ricorso, rilevando che il danno patrimoniale futuro, nel caso di fatto illecito lesivo della persona, è da valutare su base prognostica ed il danneggiato, tra le prove, può avvalersi anche delle presunzioni semplici; pertanto, provata la riduzione della capacità di lavoro specifica, se essa è di una certa entità e non rientra tra i postumi permanenti di piccola entità (cosiddette “micropermanenti”, le quali non producono danno patrimoniale ma costituiscono mere componenti del danno biologico), è possibile presumersi che anche la capacità di guadagno risulti ridotta nella sua proiezione futura – non necessariamente in modo proporzionale – qualora la vittima già svolga un’attività o presumibilmente
la svolgerà.
Se alla luce del riportato principio è, dunque, configurabile in tesi, nel caso all’esame, il danno di cui si discute, tuttavia l’aggravio, in concreto, nello svolgimento dell’attività già svolta o in procinto di essere svolta deve essere dedotto e “provato”. Nella specie, tale prova difetta e, anzi, la circostanza che il ricorrente abbia conseguito il diploma di istruttore di arti marziali successivamente al sinistro di cui si discute in causa (e precisamente dopo circa un anno) conferma sostanzialmente la mancanza del danno in concetto.
Cassazione civile, sez. III, 5 febbraio 2013, n. 5644