Si è svolto venerdì pomeriggio a Reggio Emilia il convegno “Una corretta gestione dei rischi nella filiera agro-alimentare come tratto distintivo e fattore di sviluppo” organizzato dall’Unione Europea Assicuratori in partnership con il Gruppo Agroalimentare di Unindustria Reggio Emilia.
Il tema in oggetto è stato analizzato sotto molteplici punti di vista – quello giuridico e normativo, quello organizzativo e imprenditoriale, e quello propriamente assicurativo – con l’obiettivo di mettere in luce i vantaggi e le opportunità offerte da un approccio alla materia consapevole e strutturato.
“Affinché il comparto assicurativo sia parte integrante del sistema Paese – ha sottolineato Giuseppe Villa, membro del consiglio direttivo Uea e promotore dell’iniziativa – deve saper comprendere le problematiche delle aziende e rispondere efficacemente alle istanze di tutela del business e valorizzazione del brand. In quest’ottica fondamentale è la capacità di innovazione, a livello di prodotto e di servizio, e il confronto costante con il mondo imprenditoriale e accademico, nazionale e internazionale”.
I numeri dell’agro-alimentare in Italia
L’industria alimentare del nostro paese – secondo le ultime stime dell’ufficio studi Assica/Federalimentare presentate da Aldo Radice, condirettore di Assica (Associazione Industriali delle Carni e dei Salumi) – vanta un fatturato complessivo di 131 miliardi di euro, posizionandosi al secondo posto all’interno del comparto manifatturiero italiano, subito dopo il settore metalmeccanico. L’ultimo censimento Eurostat del 2009 ci vede per numero di imprese del settore (58.551) secondi solo alla Francia (64.613). Globalmente l’industria alimentare italiana occupa 405mila addetti, ma il 35% delle aziende non ha dipendenti, impiega quindi esclusivamente famigliari, e solo il 10% ne ha più di dieci, contro una media europea del 19%. Essendo un settore con bassa marginalità, l’agro-alimentare ha risentito sensibilmente del calo produttivo che lo affligge dal 2010, con particolare riferimento ai players che agiscono solo sul mercato domestico. Fattore chiave dell’ultimo decennio è invece il +100% registrato dall’export, passato dai 12.329 milioni del 2000 ai 24.650 del 2012 (stime Istat).
L’impianto normativo e le certificazioni
Il D.Lgs. 231 del 2001 introduce nell’ordinamento italiano la responsabilità degli enti per la commissione di alcuni reati, specificamente indicati dal legislatore, permettendo quindi di colpire direttamente il patrimonio degli enti – e dunque l’interesse economico dei soci – attraverso sanzioni pecuniarie, l’interdizione dall’attività, la confisca dei beni, il divieto a contrarre con la Pubblica Amministrazione.
Dal 2001 ad oggi la responsabilità amministrativa degli enti è stata progressivamente ricondotta ad un numero sempre crescente di fattispecie di reato, in particolare con la legge n. 99 del 23 luglio 2009 che ha allargato il novero dei cosiddetti “reati presupposto” previsti dal D.Lgs. 231/01.
L’Ente tuttavia non risponde se dimostra di aver “adottato ed efficacemente attuato” un Modello di organizzazione, gestione e controllo (Mog) tale da prevenire la commissione dei reati della stessa fattispecie di quello verificatosi. Il reato, quindi, deve essere stato commesso aggirando fraudolentemente il modello stesso. L’intervento dell’avvocato Ferdinando Del Sante – docente universitario e patrocinante in Cassazione – ha dunque specificamente illustrato le caratteristiche del Mog qualificandolo come uno strumento utile di prevenzione e tutela, di controllo della filiera, di compliance normativa, ma anche e soprattutto di business nella misura in cui – oltre a ridurre il rischio di incorrere in sanzioni o richieste di risarcimento da parte dei consumatori – può costituire un’efficace leva di marketing.
Sul versante della qualità degli alimenti, ampio spazio è stato dedicato al sistema delle certificazioni, in particolare all’HACCP (Hazard Analysis and Critical Control Points, nato in America negli anni Sessanta, traslato in Europa nel 1993 e recepito in Italia nel 1997), all’IFS (International Food Standard, standard unificato di sicurezza della qualità, riconosciuto a livello mondiale e valido per tutti i prodotti alimentari distribuiti all’ingrosso ed al dettaglio) e al BRC (British Retailer Consortium, specifico per il mercato inglese). Il prof. Andrea Pulvirenti dell’Università di Modena e Reggio Emilia ha sottolineato come l’Italia sia stata tra i primi paesi a recepire l’importanza delle certificazioni internazionali e come queste possano favorire da un lato la Grande distribuzione nel processo di selezione dei fornitori e dall’altra gli assicuratori nella valutazione complessiva di un’azienda.
La gestione strategica dei rischi
Il tema dei rischi è stato affrontato dal vicepresidente di Uea, Roberto Conforti, che ha proposto alcune evidenze tratte da uno studio del Politecnico di Milano espressamente dedicato alle pratiche di gestione del rischio nelle Pmi italiane. Dall’indagine emergono, in estrema sintesi, alcuni dati di particolare rilievo: i rischi maggiormente sottostimati sono quelli reputazionali (solo il 19% delle aziende li prende in considerazione), quelli afferenti al rischio-Paese e alla conformità normativa. A fronte di un mercato stabile o in contrazione esiste una forte spinta alla internazionalizzazione, ma l’ingresso in nuovi mercati, l’ampliamento del portafoglio prodotti, l’apertura di nuovi canali di vendita sono operazioni che comportano un’alterazione, spesso sottovalutata, del profilo di rischio.
Nel complesso si rileva la tendenza delle Pmi a impostare la gestione dei loro rischi sulla base delle esperienze pregresse, ad utilizzare prevalentemente tecniche quantitative, a non riservare a questo ambito investimenti consistenti e a delegare le funzioni di risk management all’imprenditore stesso o a figure interne non specializzate. In presenza di una cultura del rischio ancora in fase embrionale, le aree individuate come quelle più sensibili e dunque maggiormente da presidiare sono: la gestione dei fornitori, la gestione contrattuale, la gestione della crisi e dei piani di recall.
Il convegno si è concluso con il focus proposto da Pier Marco Giambiasi, responsabile del servizio tecnico di D.A.S.,sulla tutela legale a protezione delle imprese-agroalimentari e con il case history proposto da Andrea Melioli, direttore generale di Righi srl.
Nei prossimi giorni saranno disponibili sul website di Uea (www.uea.it) le videointerviste realizzate ai relatori in occasione del convegno e la fotogallery dell’evento.