Quasi 900 italiani da risarcire perché malati a causa di trasfusioni infette. Questa la decisione della Corte europea dei diritti umani che ha stabilito che lo Stato italiano dovrà compensare 889 cittadini infettati da vari virus (tra cui Hiv, epatite B e C) da trasfusioni di sangue infetto durante cicli di cure o operazioni chirurgiche.
Il totale dei risarcimenti supera i 20 milioni di euro, e la Corte ha riconosciuto ai pazienti il diritto all’indennizzo amministrativo (previsto dalla legge), dato il nesso di causalità dimostrato da vari processi civili contro il ministero della salute tra la trasfusione di sangue infetto e la contaminazione delle persone. Nelle sentenze sono state citati diversi articoli della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali: l’articolo 2 (diritto alla vita), l’articolo 6 comma 1 (diritto a un equo processo), l’articolo 13 (diritto a un ricorso effettivo) e l’articolo 1 del Protocollo 1 (protezione della proprietà). La sentenza segue quella del 2013 in cui la Corte Ue aveva dato ragione a 162 ricorrenti italiani, infettati a seguito di trasfusioni di sangue e prodotti derivati, riconoscendo loro la rivalutazione annuale adeguata al costo della vita dell’indennità complementare percepita a seguito di quella vicenda. Secondo l’Associazione politrasfusi tra il 1985 e il 2008, sono state 2.605 le vittime di trasfusioni con plasma infetto ed emoderivati mentre sono 66 mila le richieste di risarcimento giunte dai pazienti al ministero della salute: l’obiettivo era quello di ottenere l’indennizzo previsto dalla legge 210 del 1992 (un assegno da 540 euro al mese) e il risarcimento integrale dei danni per i mancati controlli dello Stato nella raccolta, lavorazione e somministrazione di sangue per uso terapeutico, poi risultato infetto. La maggioranza degli infettati si è avuta tra talassemici ed emofiliaci, costretti ad assumere periodicamente sangue intero o emoderivati. E per più di una casa farmaceutica l’accusa fu quella di aver immesso sul mercato flaconi di sangue prelevati a soggetti a rischio e non controllati dal Servizio sanitario nazionale, pagando tangenti a politici e medici. Il ministero della salute, in una nota, ha precisato che i risarcimenti sono già previsti: «La Corte, pur avendo riconosciuto per tutti quei casi risalenti agli anni 90 la violazione delle disposizioni della Convenzione europea dei diritti dell’uomo relativamente al diritto a un equo processo e a un ricorso effettivo, ha affermato che la procedura di cui all’art. 27-bis del decreto legge n. 90/2014, che riconosce ai soggetti danneggiati, a titolo di equa riparazione, una somma di denaro determinata nella misura di euro 100 mila, costituisce un rimedio interno, del tutto compatibile con le previsioni della Convenzione e in grado di assicurare un adeguato ristoro ai soggetti danneggiati». «Una vittoria storica», commenta Angelo Magrini, presidente dell’Associazione politrasfusi italiani, «di ricorsi pendenti ce ne sono altri, e questa pronuncia apre la strada ad altri riconoscimenti». «Occorre che lo Stato si assuma finalmente le sue responsabilità e saldi il suo debito con le vittime, che non potranno comunque essere risarcite del bene più grande: la salute. È tempo che sia fatta giustizia, definitivamente», fanno eco i deputati M5S in commissione affari sociali.
© Riproduzione riservata