TORINO – Il ponte levatoio è stato sollevato, si fortificano le mura del castello. Perdono i signori dell’industria del viaggio, della ristorazione e del divertimento, coloro che fanno affari su tutto ciò che si sposta e ha il sapore delle aggregazioni di massa. Vincono i signori della guerra e della difesa. A due settimane dagli attacchi di Parigi i primi effetti economici del terrore si fanno sentire, anche se una misurazione più precisa del costo della paura si avrà solo a fine mese. Parigi e Bruxelles sono state, ovviamente, le città più colpite.
A Parigi il crollo delle prenotazioni turistiche e delle spese in locali e ristoranti è stato verticale nei giorni immediatamente successivi al massacro. Il ministero delle finanze francese prevede che gli attacchi potrebbero abbassare il pil di due miliardi di euro, lo 0,1 per cento. Gli effetti potrebbero durare molto a lungo. Nella prima parte dell’anno le agenzie turistiche d’oltrape hanno ripreso il trend di vendite fisiologico solo nel giugno scorso, a sei mesi dall’attacco alla redazione di Charlie Hebro. E c’è da immaginare che dopo le carneficine nei ristoranti, vicino allo stadio e nella sala concerti del Bataclan, i tempi per tornare alla normalità saranno ancora più lunghi. Se non altro perché gli obiettivi dell’ondata di attacchi di novembre erano proprio luoghi pubblici e indistinti passanti.
Ma l’effetto non sarà limitato questa volta alla sola Francia. “Quel
che accade a Parigi influenza molto l’andamento del turismo italiano”, spiega Giuseppe Roscioli, presidente di Federalberghi Roma. Parigi, insieme a Francoforte e Londra è uno degli hub più importanti d’Europa. Nelle ore immediatamente successive al venerdì nero nella capitale francese sono piovute le disdette da tutte quelle agenzie tursitiche che per i loro clienti avevano previsto un viaggio che facesse anche solo scalo a Parigi. “Molti turisti giapponesi o cinesi o americani ricorda Roscioli – in quei giorni hanno rinunciato al volo finendo inevitabilmente per coinvolgere tutte le mete del viaggio”.
Per il pacchetto che prevede il tour delle capitali (Parigi, Roma, Londra), l’effetto economico degli attentati è assicurato anche a migliaia di chilometri di distanza. Gli ultimi dati disponibili sull’occupazione degli alberghi romani per il ponte dell’Immacolata, quello che coincide con l’apertura della Porta Santa di San Pietro e l’avvio del Giubileo della Misericordia, dicono che le stanze prenotate sono appena il 52 per cento del disponibile. In tutto, calcola Federlaberghi, l’effetto terrorismo sul turismo nella capitale italiana è stato un calo di prenotazioni intorno al 20 per cento. “Anche se – osserva Roscioli – negli ultimi giorni si assiste a una lenta ripresa”.
E’ evidente che molte agenzie turistiche torneranno a far viaggiare i loro clienti escludendo la tappa parigina, almeno fino a quando l’allarme non sarà cessato del tutto. E’ quel che era accaduto a marzo a Tunisi, all’indomani dell’attacco terroristico al museo del Bardo, quando le società armatrici avevano immediatamente escluso la città dalle rotte delle crociere nel Mediterraneo contribuendo a mettere in ginocchio una delle principali fonti di reddito del piccolo paese africano. In quella occasione la sola decisione delle compagnie armatrici privò di colpo Tunisi di 6.000 turisti alla settimana. Crollo pesante anche a Madrid, all’indomani degli attentati alla metropolitana che nel marzo 2004 uccisero 191 persone. In quella occasione ci vollero tre mesi per tornare al normale flusso turistico.
In generale l’insicurezza raffredda l’industria turistica anche a prescindere dal fatto che questa o quella meta sia stata teatro di assalti e massacri. In questi giorni il Codacons calcola che il terrore abbia fatto scendere del 15 per cento le prenotazioni degli italiani per i viaggi all’estero nel periodo di Natale. Gli osservatori economici sembrano concordi nel prevedere che nel medio periodo le conseguenze del terrore verrano assorbite dal sistema economico. In parte perché senza nuovi attentati la tendenza è quella di dimenticare in fretta: al diminuire della paura il Pil torna ad aumentare. E in parte perché nella crisi c’è anche chi ci guadagna.
Nei giorni immediatamente successivi al 13 dicembre il traffico privato sulla tangenziale parigina è raddoppiato mentre diminuivano i passeggeri della metropolitana. E’ evidente che il rifugio nell’auto privata, considerata più sicura del mezzo pubblico, è una soluzione temporanea che oltretutto la capitale francese non sembra in grado di reggere stabilmente. Ma il trend di medio periodo, anche complice la generale diminuzione dei prezzi dei carburanti, potrebbe essere influenzato invece dalla scelta del mezzo privato anche per gli spostamenti che attualmente avvengono in treno. Così, se cambiassero stabilmente le abitudini, l’industria dell’automobile potrebbe averne dei vantaggi.
Altrettanto potrebbe accadere per le società di consegna a domicilio della spesa: nei giorni successivi agli attentati, quando Parigi era sotto assedio, ricorrere al fattorino del supermercato per fare acquisti al sicuro è stata una delle risposte più diffuse alla paura. Gli analisti, solitamente restii all’ottimismo, non spostano in questo caso le previsioni di crescita delle economie mondiali. Valentijn van Nieuwenhuijezen, responsabile delle analisi marco di NN Investment Partners prevede che nel 2016 il pil europeo possa crescere dell’1,9 per cento, ben al di sopra del consensus comunque positivo: 1,6 per cento. Anche in Italia le previsioni sono positive. Secondo i dati diffusi dll’Istat lo scorso venerdì, l’indice di fiducia dei consumatori italiani è salito ai massimi da quando esiste la rilevazione, cioè dal 1995. Un dato su cui influisce relativamente l’effetto degli attentati parigini perche la maggior parte dei questionari sono stati fatti prima del 13 novembre. Certamente vedono roseo i titolari e i dipendenti delle aziende che operano nei settori della sicurezza e della difesa. Sono loro i veri vincitori del dopo Parigi.
La Borsa lo ha capito subito. Lunedì 16, primo giorno di apertura delle contrattazioni dopo i massacri jiadisti, Finmeccanica ha guadagnato l’1,6 per cento, Thales il 2,3, Loockheed l’1,9, Rheinmetall, la maggiore azienda militare tedesca (quella che produce, ad esempio, i carri armati Leopard) è cresciuta del 3,1. Non per caso nella stessa seduta di Borsa crollavano i titoli delle compagnie aeree: Air France ha perso il 5,6 per cento e Aeroports de Paris il 3,7. L’attesa delle commesse da parte del settore della difesa è giustificata dagli stessi annunci dei governi. La Francia prima ma gli altri Paesi subito a ruota (Italia compresa) si sono affrettati a chiedere all’Unione europea sforamenti nel patto di stabilità per poter far fronte alle accresciute necessità di armamenti e sistemi di controllo.
Nel settore della sicurezza si stanno attrezzando anche le società di assicurazione e di riassicurazione. Sempre più spesso infatti i turisti chiedono polizze che coprano dal rischio attentanti. Ci sono paesi che per la loro storia hanno da tempo questa possibilità. E’ il caso della Gran Bretagna che ha polizze di questo tipo dagli anni ’90, ai tempi della guerra nell’Ulster, e della Spagna che ha forme di assicurazione contro il terrorismo dall’epoca della guerra civile che consegnò il Paese al dittatore Francisco Franco. In Uk, dopo gli attentati di Londra del 2005, è stata rinforzata una società già esistente dai tempi della guerriglia dell’Ira, la Pool Re, che riassicura le compagnie assicuratrici britanniche per danni derivanti da atti terroristici che superino le 100 mila sterline. Negli Usa e in Germania esistono forme di intervento pubblico per i casi in cui le riassicurazioni private non siano in grado da sole di far fronte a danni particolarmente gravi determinati dagli attentati. Tra le curiosita dell’economia ai tempi dell’Isis c’è il repentino aumento dell’acquisto di televisori e home teather previsto nei giorni scorsi dagli analisti di Credit Suisse: quando si alzano le mura del castello e ci si attrezza ad una vita da reclusi nel maniero, bisogna almeno provare a renderlo confortevole.