In materia di reati ambientali il ravvedimento dell’imputato, così come la regolarità della sua pregressa condotta e l’applicabilità al fatto commesso del minimo edittale previsto, possono far scattare, sussistendo gli altri requisiti di legge, l’«esclusione della punibilità per la particolare tenuità del fatto» prevista dal nuovo articolo 131-bis del codice penale. Arrivano con la produzione giurisprudenziale della Corte di cassazione dell’ultimo semestre i primi orientamenti operativi sul nuovo istituto introdotto dal dlgs 28/2015 ed in vigore dallo scorso 2 aprile 2015. Chiamata (in virtù del principio del favor rei) a pronunciarsi sull’applicabilità della nuova disciplina a diversi procedimenti in corso il giudice di legittimità indica però anche gli elementi ostativi al riconoscimento della «non punibilità», come la commissione di reati della stessa indole e il profilo di rilevanza dell’elemento psicologico del reato.
L’istituto. Il meccanismo di non punibilità previsto dall’articolo 131-bis, del codice penale è applicabile concorrendo due condizioni, ossia:
– il reato è sanzionato con pena detentiva non superiore nel massimo a cinque anni ovvero con pena pecuniaria, sola o congiunta alla prima (dunque, sempre dentro il predetto periodo temporale);
– sussistano congiuntamente i requisiti (da valutare ex articolo 133, c.p.) della «particolare tenuità dell’offesa» e della «non abitualità della condotta»; tali requisiti sono poi dall’articolo 131-bis ulteriormente ristretti, laddove la «particolare tenuità» deve considerarsi esclusa per gli illeciti commessi con crudeltà, sevizie, commessi per motivi abietti o futili, approfittando della minorata difesa della vittima, o da cui siano derivate la morte o la lesione gravissima di persone, e la «non abitualità» non sussistente, invece, in presenza di autore dichiarato delinquente abituale, professionale o per tendenza, in caso di recidiva o di commissione di reati che abbiano ad oggetto condotte plurime, abituali e reiterate.
Il requisito della «particolare tenuità dell’offesa». Con sentenza 19 ottobre 2015 n. 41850 la Cassazione ha ritenuto soddisfatto il requisito anche per l’aver il giudice di merito applicato il minimo edittale previsto per il reato.
La fattispecie posta all’esame della Suprema corte verteva sulla cessione a titolo gratuito da parte del titolare di una autofficina di rifiuti pericolosi costituiti da materiali ferrosi (tra cui parti di motore e marmitte di veicoli fuori uso) a soggetto non autorizzato.
In linea con tale pronuncia, la precedente sentenza 8 giugno 2015 n. 24358 della stessa Corte ha invece rilevato non sussistente lo stesso requisito poiché nel giudizio di merito il fatto, sebbene ritenuto «modesto» con conseguente applicazione delle sola pena pecuniaria (prevista in alternativa a quella detentiva), era stato comunque punito con un ammontare superiore al minimo edittale (dunque, valutandolo di un certo rilievo).
La fattispecie verteva in questo caso sull’attività di recupero di rifiuti svolta in violazione delle prescrizioni dell’Ente competente, che imponevano sia il preventivo controllo dei residui gestiti che la realizzazione di opere infrastrutturali preliminari all’avvio delle attività.
È utile ricordare (benché relativa alla violazione di norme sulla sicurezza sul lavoro) che con sentenza 27 maggio 2015 n. 22381 il giudice di legittimità ha altresì ritenuto non sussistente il requisito in parola per l’esser l’elemento psicologico del reato, sebbene coincidente con colpa non gravissima (espressamente esclusa ex 131-bis dalla non punibilità), comunque di obiettiva rilevanza, ostando dunque alla configurabilità della particolare tenuità.
La fattispecie verteva sull’omessa fornitura da parte del datore di lavoro dei necessari dispositivi di protezione individuale al lavoratore rimasto poi infortunato durante lo svolgimento della propria attività.
Condannato ex articolo 590 c.p., al datore di lavoro non è stata riconosciuta l’applicazione del 131-bis c.p. essendo le lesioni occorse al lavoratore a causa di colpa comunque «grave» (punite altresì nel giudizio di merito, sebbene tramite la sola pena pecuniaria, con il massimo edittale della sanzione prevista).
La «non abitualità della condotta». Con la stessa e citata sentenza 41850/2015 in tema di gestione illecita di rifiuti, la Cassazione ha ritenuto integrato il criterio sussistendo favorevoli elementi (rilevati nel giudizio di merito) quali la concessione delle attenuanti generiche, lo stato di incensuratezza del reo, la regolarità della sua pregressa condotta individuale e sociale, l’essersi lo stesso soggetto successivamente alla contestazione attivato per allineare la propria condotta a quella di legge (avviando a corretto smaltimento i residui intercettati e restituitigli dalle forze dell’ordine).
Con precedente sentenza 30 giugno 2015 n. 27135 la Cassazione ha invece ritenuto non integrato il requisito in parola nel caso di condanna per due distinti reati della «stessa indole» (ossia, a mente dell’articolo 101 del codice penale, accomunati dai fatti che li costituiscono o motivi che li determinano).
Ciò in relazione ad attività (poste in essere, secondo il giudice del merito, anche con elevata rimproverabilità sotto il profilo dell’elemento psicologico) di gestione senza autorizzazione di rifiuti pericolosi (con concentrazioni di arsenico superiori al consentito) e di miscelazione degli stessi con altri rifiuti pericolosi e non pericolosi.
In particolare, erano stati rinvenuti nel sito (sprovvisto di autorizzazione al trattamento) rifiuti in vetro artistico e proveniente fa tubi catodici, accumulati insieme senza alcuna precauzione per evitarne il mescolamento (risultandone un depositato incontrollato) al fine di avviarli successivamente a fonderie per creazione di materia prima secondaria.
In tema è utile ricordare (sebbene non vertente in materia ambientale) che con sentenza 13 luglio 2015 n. 29897 la Cassazione ha altresì escluso la soddisfazione del requisito in caso di reati uniti dal vincolo della «continuazione» (ossia posti in essere con più azioni od omissioni parte di un medesimo disegno criminoso, puniti con minor severità dall’Ordinamento rispetto all’ordinario concorso materiale di reati).
L’applicabilità ai reati ambientali. Dal nuovo istituto della «non punibilità per la particolare tenuità» ex articolo 131-bis del codice penale restano ex lege esclusi, poiché fuori dalla stretta cornice edittale delle sanzioni più sopra precisata, i delitti di combustione illecita di rifiuti pericolosi e di attività organizzata per il traffico illecito dei rifiuti ex articoli 256-bis e 260 del dlgs 152/2006, così come i nuovi delitti dolosi di «inquinamento ambientale» doloso «disastro ambientale», traffico o abbandono materiale ad alta radioattività previsti dagli articoli 452-bis e seguenti del codice penale.
Tecnicamente rientranti nel range sanzionatorio previsto dall’istituto appaiono invece essere sia gli altri nuovi e «minori» delitti ambientali ex codice penale, come l’impedimento di controlli ambientali e l’omessa bonifica, che le più generali fattispecie di «getto pericoloso di cose» e «danneggiamento» dello stesso Testo. Così come appaiono astrattamente non punibili ex nuovo articolo 131-bis del codice penale gli altri reati ex codice ambientale in materia di Aia, Via, tutela di suolo, acque e aria, gestione illecita di rifiuti.
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