di Andrea Di Biase
«Se mi chiedete dell’ipotesi di un extra-dividendo mi limito a dire che saranno i consigli al termine dell’intero esercizio a valutare se questa aggiunta rispetto a quanto previsto sarà opportuna o meno, fermo restando che siamo molto compiaciuti che ci sia questa possibilità».
Giovanni Bazoli, parlando venerdì 6 a Milano a margine della presentazione della mostra sul pittore Francesco Hayez, non si è sbilanciato apertamente. Ma il «compiacimento» espresso dal presidente del consiglio di sorveglianza sulla possibilità che Intesa Sanpaolo possa destinare ai propri soci, sotto forma di un’extra-cedola, più dei 2 miliardi già promessi con il piano d’impresa, ha rafforzato il convincimento del mercato che si stia andando in questa direzione. Non per niente il titolo della Ca’ de Sass ha chiuso l’ultima seduta della settimana con un rialzo del 2,72% a 3,178, recuperando tutto il terreno perso dopo la pubblicazione dei risultati del terzo trimestre nella giornata di martedì 3. Se è infatti vero cheIntesa Sanpaolo ha chiuso i nove mesi al 30 settembre con un utile di 2,7 miliardi, in forte crescita rispetto agli 1,2 miliardi dell’analogo periodo del 2014, e ampiamente oltre il target di 2 miliardi previsto per l’intero 2015, è altrettanto vero che l’evoluzione, trimestre su trimestre, dei proventi da commissioni ha destato qualche preoccupazione, mettendo un po’ di pressione a un titolo che, negli ultimi anni, non sembrava conoscere battute d’arresto (+100% in due anni e +30% nei nove mesi del 2015).
Il terzo trimestre, sebbene chiuso con un risultato netto di 722 milioni (483 milioni nell’analogo periodo del 2014), grazie anche a una posta straordinaria di 211 milioni legata a un contenzioso vinto, ha visto i ricavi diminuire del 9,6% a 4,19 miliardi.
Una flessione dovuta proprio al rallentamento delle commissioni, scese a 1,78 miliardi dagli 1,98 miliardi del secondo trimestre, a causa del minore apporto rispetto al passato delle attività di risparmio gestito. Che cosa significa questo? Che la leva del wealth management, azionata in questi mesi dal ceo Carlo Messina per consentire alla banca di fare profitti pure in un contesto in cui l’attività bancaria tradizionale faceva segnare il passo, sta cominciando a dare meno risultati rispetto ai trimestri passati? Questo è il tema su cui il mercato si sta interrogando e che, con ogni probabilità, terrà banco anche nei prossimi mesi, almeno fino a quando non ci saranno segnali evidenti che la strategia impostata da Messina continuerà a essere premiante. Da questo punto di vista, già nel corso della presentazione dei risultati al mercato, il ceo di Intesa Sanpaolo è stato chiaro, ritenendo possibile una crescita a doppia cifra delle commissioni anche nel 2016 e nel 2017. Un risultato che, come ben evidenziato in un report di Exane Bnp Paribas pubblicato all’indomani della presentazione dei conti trimestrali della Ca’ de Sass, Messina intende raggiungere anche attraverso la trasformazione di circa 80 miliardi di raccolta diretta (depositi e obbligazioni della banca sottoscritte dai clienti) in masse in gestione. Si tratta di una migrazione imponente, considerato che al 30 settembre le masse gestite per conto della clientela erano pari a 160 miliardi. È pur vero che Ca’ de Sass ha visto crescere le masse in gestione di 92 miliardi tra il 2012 e il 30 settembre 2015, un periodo piuttosto lungo, caratterizzato da una buona performance del mercato (sia sul lato azionario sia su quello obbligazionario). È dunque lecito attendersi che in un contesto macroeconomico caratterizzato da tassi di interesse bassi o prossimi allo zero, la conversione di bond retail e depositi in attività di risparmio gestito possa continuare. Tuttavia, sottolineano gli analisti di Exane, tra il quarto trimestre 2015 e il 2017, l’ammontare dei bond retail di Intesa in scadenza è «solo» di 28 miliardi. Non solo, la casa di brokeraggio di Bnp Paribas fa anche notare che, nei tre anni passati, il contributo alla raccolta indiretta di Intesa derivante dalla migrazione dei depositi della clientela è stata di circa 10 miliardi. Ben lontano, dunque, dagli 80 miliardi attesi di qui al 2017.
Il successo di questa manovra non è affatto secondario. Secondo gli analisti di Exane a ogni 10 miliardi di euro di raccolta indiretta corrisponde infatti un impatto positivo sui ricavi, in termini di commissioni, di circa 100 milioni. E 100 milioni in meno in commissioni, sostengono sempre da Exane, avrebbero un impatto negativo di circa il 2% sull’utile per azione a fine 2017. Gli analisti di Exane hanno una stima sulle commissioni più bassa rispetto a quella del management di Intesa: +5% anno su anno sia nel 2016 sia nel 2017. «E non si tratta di una stima prudente», spiegano, «in quanto richiede una crescita delle masse in gestione di 66 miliardi tra il quarto trimestre 2015 e il 2017 (+21%) e questo potrebbe rivelarsi impegnativo se la volatilità del mercato dovesse persistere». Alla luce di queste considerazioni Exane ha una stima sull’utile netto di Intesa al 2017 inferiore del 10% rispetto al consensus (che è invece allineato ai target del piano Messina). Non solo, pur a fronte della disponibilità del management a proporre ai consigli il tema dell’extra-cedola nel 2015, gli analisti di Bnp Paribas , ritengono che i dividendi cumulati del periodo 2015-17 non riusciranno a raggiungere il target di 9 miliardi, fermandosi invece a 7,4 miliardi.
La maggior parte delle case d’affari ha confermato invece raccomandazioni positive su Intesa Sanpaolo . Bank of America Merrill Lynch (target price a 4,3 euro) e Kepler Cheuvreux (target price a 3,8 euro) hanno ribadito il rating buy e Mediobanca Securities (target price a 3,6 euro) outperform. Icbpi ha addirittura alzato il rating sul titolo da neutral a buy, confermando il target price a 3,70 euro. Rating overweight da parte di Barclays (target price a 3,7 euro). «I risultati del terzo trimestre hanno deluso a livello di ricavi core», hanno spiegato gli analisti di Kepler Cheuvreux che hanno, quindi, ridotto dell’1,1% a 0,24 e a 0,28 euro, rispettivamente, la stima di utile per azione per i prossimi due anni, «ma l’utile netto è balzato del 50% su base annua a 722 milioni di euro nel trimestre andando oltre la nostra stima di 665 milioni e per questo crediamo che la banca supererà il target di utile netto anche nel 2017». La previsione di Kepler Chevreux è di un utile netto a 4,7 miliardi nel 2017 contro i 4,5 miliardi previsti dalla stessa banca. Per Icbpi «Il gruppo ha dimostrato di essere solido, di generare utile anche in fasi cicliche e stagionalmente negative e la sua solidità finanziaria gli permette l’adozione di strategie di marketing aggressive». (riproduzione riservata)