di Angelo De Mattia
Oggi, forse in una non casuale quasi-coincidenza con la celebrazione della Giornata mondiale del risparmio che si terrà domani, la Banca d’Italia pubblicherà un documento che, anche in relazione alle discussioni che si sono sviluppate sulla Popolare di Vicenza e su quella di Spoleto, illustra l’azione di Vigilanza condotta nel tempo, come ha preannunciato il vicedirettore generale dell’Istituto, Fabio Panetta, in una intervista al Corriere della Sera e come già a Lima aveva preavvertito il governatore Ignazio Visco.
Pur dopo le parole del presidente della Repubblica sulla Vigilanza bancaria esercitata da Via Nazionale, sul tema è continuato il dibattito pubblico nel quale vengono avanzate anche proposte molto singolari.
Invece è necessario rigore nell’affrontare questi argomenti. L’impugnativa di decisioni davanti alla giurisdizione amministrativa o, per alcune materie, davanti al giudice civile è prevista da decenni, così come lo sono altre forme di reazione sancite dall’ordinamento senza necessità, dunque, che si debba innovare alcunché, ad eccezione dei tempi di ciascuna pronuncia da parte di questi organi che, come per laPopolare di Spoleto, è sopravvenuta dopo ben due anni, quando l’istituto era già stato accasato al Banco di Desio e dopo che in primo grado il ricorso dei soci – che poi si sono rivolti al Consiglio di Stato – non era stato accolto.
Naturalmente, sussiste pure un problema di professionalità nel confezionamento dei provvedimenti nei quali si estrinseca la Vigilanza, al cui esercizio partecipano, per determinati aspetti, anche altri organi qual è il ministero dell’Economia: nel caso della Popolare di Spoleto, il decreto del Tesoro per la messa in gestione straordinaria è stato censurato dal Consiglio di Stato perché affetto da vizi evidenti. Mai era accaduta qualcosa di simile in passato.
La reiterazione del decreto con la tecnica dell’«ora per allora» è stata nuovamente impugnata dai soci della Spoleto, per cui si dovrà attendere la pronuncia del suddetto Giudice amministrativo che sarà adottata a dicembre, aggiungendo una nuova puntata a una vera e propria telenovela. Posto, dunque, che i mezzi per i possibili gravami sussistono già e che sono la funzionalità e la tempestività di chi deve pronunciarsi che vanno decisamente sollecitate e che comunque i contenuti delle pronunce della specie rientrano fisiologicamente nelle regole del gioco, le critiche, a volte aspre, sulla Vigilanza nel dibattito pubblico nascono, tutte, dalla scarsa comprensione dell’azione, delle finalità e dei limiti della Vigilanza stessa.
L’esposizione, oggi, di questa tematica, ad opera della Banca centrale, è dunque benvenuta e risponde a una istituzionale esigenza di accountability e di educazione finanziaria, mirata, quest’ultima, soprattutto a chi vorrebbe una Vigilanza organo di Polizia o vera e propria Magistratura e a chi, per converso, la desidererebbe totalmente distante dalle maggior parte dell’operatività e delle trasformazioni delle banche vigilate, con una confusione persistente, a volte in buona fede, altre volte non scevra di non esaltanti finalità.
Se la ricostruzione dell’azione di Vigilanza la si fa attraverso le norme regolatrici, vengono meno tanti dubbi e tante critiche che, all’esperto, suonano subito infondati. Lo scopo fondamentale della Vigilanza è la tutela della stabilità aziendale e sistemica, a sua volta discendente dall’art. 47 della Costituzione sulla tutela del risparmio, che passa attraverso l’impulso alla sana e prudente gestione degli intermediari.
La discrezionalità, di cui si avvale l’Istituto, è tecnica. È in questo ambito che possono esservi opinioni diverse fino a ritenere che non siano stati correttamente valutati interessi legittimi: e, appunto per far valere le proprie tesi, che chi si ritiene danneggiato può adire gli organi della giurisdizione amministrativa o, a seconda dei casi, civile, avendo presente che gli addetti alla funzione rispondono comunque solo di dolo o colpa grave.
Tutti gli atti preventivi, concomitanti e successivi trovano un fondamento chiaro nella legge, che oggi è largamente rappresentata dalle direttive comunitarie recepite nel nostro ordinamento. Può accadere che l’assenza di qualsiasi interesse, da parte dell’opinione pubblica e degli esperti, alla fase della formazione delle direttive si traduca, poi, in critiche nei confronti della Vigilanza per i poteri riconosciutile, che, invece, avrebbero dovuto essere mosse nel momento genetico della norma. Conoscenza, informazione, attenzione all’evoluzione normativa sono i mezzi per evitare critiche infondate o, peggio ancora, momenti di contrasto che possono essere strumentalizzati da chi rappresenta interessi costituiti e non ha alcun desiderio che si affermi un corretto svolgimento dell’attività di controllo.
Non la critica in sé è, ovviamente, da bandire; ma la sua degenerazione oppure la manifestazione di giudizi gravi in vicende che non potranno non concludersi con il riconoscimento della piena integrità dei soggetti coinvolti, come nel caso dell’abbondantemente ridimensionata iscrizione di Ignazio Visco nel registro degli indagati. Sono i naturali limiti che si impongono a chi, per esempio, ricopra eventualmente cariche di governo. Il passato, per qualche vicenda a questi fini platealmente sottovalutata senza cogliere l’occasione per assumere preventivamente i necessari anticorpi, lo insegna. Oggi, comunque, si spera che con il documento Bankitalia, anche se evidentemente dovesse essere solo concentrato su puntualizzazioni e chiarificazioni, si compia un importante passo sulla strada della parresia e della rendicontazione. (riproduzione riservata)