di Silvia Berzoni Class Cnbc
«L’Italia è la terza economia manifatturiera d’Europa e l’ottava esportatrice al mondo. Vero che ha un alto debito pubblico, ma il 60% di quest’ultimo è finanziato all’interno, e si riflette sul bilancio delle famiglie, che è positivo. E poi ci sono bellissime società da guardare con interesse».
Alberto Cribiore, 69 anni, negli Stati Uniti è arrivato nel 1975, per gestire gli interessi finanziari della famiglia Agnelli. Da allora ha lavorato a Time Warner, è stato tra i fondatori di Clayton Dubilier & Rice, per approdare a Merril Lynch e guidare, infine, gli investitori istituzionali di Citigroup. Tra i pionieri del private equity, si è guadagnato un posto tra i banchieri più influenti di Wall Street. Il 12 ottobre sarà lui ad aprire la 71esima parata del Columbus Day, giornata che celebra la scoperta delle Americhe, ricorrenza cara agli italo-americani.
Domanda. Lei sarà Grand Marshal della Columbus Parade, una bella soddisfazione.
Risposta. Una grande emozione. La Parade è un evento alle radici dell’orgoglio italiano in America. E possiamo ben essere orgogliosi della storia da noi costruita qui.
D.Come è cambiata la percezione dell’Italia a New York?
R. Per quanto riguarda gli aspetti finanziari, tre anni fa il rischio Italia era qualcosa che gli operatori non potevano affrontare.
Ora invece ci si chiede quali siano gli investimenti possibili nel nostro Paese. Il problema è che è difficile trovare punti di valore sul nostro mercato, perché non ci sono società di dimensioni adeguate in cui un investitore istituzionale americano possa investire. Vero che ci sono banche come Intesa, che rappresentano anche un investimento sull’economia italiana. MentreUnicredit ha lo svantaggio di essere percepita più come Europea. Ma non mancano molte belle società dove investire, come Brembo o le Poste.
D.Adesso arriva in borsa anche Ferrari.
R. Che però è un investimento nel settore del lusso. Lo si può comprare come si compra il titolo Hermès: divertente da avere in portafogli per chi è molto ricco.
D.Ma il debito pubblico italiano spaventa ancora?
R. Secondo me la situazione del debito, vista in parallelo alla consistenza dei risparmi delle famiglie, non è così grave. Grazie a Mario Draghi l’euro non sparirà, e aumenterà l’integrazione dei mercati finanziari. La paura del debito non è destinata a continuare.
D.Ma non servirebbe un taglio secco da 3-400 miliardi?
R. Con gli attuali tassi dei Btp, che abbiamo, inferiori al 2%, un taglio di questo tipo non avrebbe ripercussioni significative sulla spesa pubblica. Credo abbia più effetto la politica espansiva della Bce.
D.Il nostro gruppo editoriale ha proposto un fondo immobiliare del quale gli italiani potrebbero sottoscrivere delle quote.
R. Non sarebbe un taglio ma uno swap. Bisogna trovare delle possibilità di investimento e far sì che lo Stato si liberi degli asset inutili passandoli a investitori istituzionali nazionali ed esteri.
D. Resta il problema del credito. Le politiche restrittive della Vigilanza unica bloccano i prestiti.
R. C’è stato lo stesso problema negli Stati Uniti. Alla fine ci siamo resi conto che un sistema bancario sano fa premio sullo svantaggio di una riduzione della capacità di investimento. Voglio dire che la certezza del fatto che non ci sarà una crisi bancaria è più importante di un’espansione dei bilanci delle banche italiane ed europee. Ripeto: noi abbiamo avuto lo stesso problema, ma abbiamo modificato il sistema del credito e l’economia americana ne ha tratto beneficio.
D.Nel frattempo i listini risentono di una volatilità eccessiva. Voi che cosa consigliate?
R. In questo momento guida la Cina. Se rallenta, allora serve un aggiustamento della valutazione dei mercati. È un effetto che gli Usa sentono non tanto in termini di pil, ovvero di economia reale, ma che percepiscono piuttosto sulla valutazione di borsa delle società che operano nel settore dei beni di consumo e della tecnologia. Buona parte della crescita di gruppi come Disney o Apple dipendeva molto dal mercato cinese. Inoltre la diminuzione della domanda cinese di materie prime comporta gravi ripercussioni in Paesi come Brasile o Indonesia, e in altri mercati emergenti, sensibili a questi scossoni.
D.La fragilità di questi Paesi è anche il motivo per cui Janet Yellen ha ritardato il rialzo dei tassi. Ha fatto bene?
R. Sono pienamente d’accordo. Ormai la Fed è la banca centrale del mondo, non solo degli Usa. Non può basare la politica monetaria solo sul Paese di appartenenza. E d’altronde negli Stati Uniti l’inflazione è ancora molto sotto il target del 2%, quindi la Fed ha fatto benissimo. (riproduzione riservata)