di Gloria Grigolon 

 

Bail in a rischio circoscritto. L’eventuale dissesto bancario solleva infatti dall’obbligo di partecipare al risanamento sia i proprietari di obbligazioni e conti deposito garantiti, sia coloro che vantano diritti tramite organismi di investimento collettivo e fondi comuni di investimento. Esclusi dalla procedura anche cassette di sicurezza e conti titoli separati dalla banca. Sorte meno positiva spetta invece a warrant e pronti contro termine, che, al pari di obbligazioni bancarie e certificati di deposito al portatore, riguardano il diretto coinvolgimento del cliente al patrimonio bancario e subiscono quindi gli effetti dell’esproprio e dell’estinzione dei relativi diritti patrimoniali.

Se si approfondisce il contenuto della terza sezione, relativa alla pratica di bail in, del decreto sul risanamento degli enti creditizi e delle imprese d’intermediazione, approvato mercoledì scorso in via preliminare del consiglio dei ministri, molte delle preoccupazioni sorte in merito al coinvolgimento di clienti e correntisti nelle pratiche di risoluzione bancaria vengono meno (si veda tabella in pagina). Prerequisito che motiva tale misura di risanamento (prevista dalla direttiva 2014/59/Ue) è il ripristino del patrimonio dell’ente in stato di crisi, che si concentra sui soli soggetti aventi rapporti diretti con la banca ed evitando che a pagare siano contribuenti e, dunque, lo Stato, che interverrà solo in caso di compromissione della stabilità sistemica a condizione che il contributo di ripianamento tramite bail in abbia già raggiunto l’8% delle passività totali.

Strumenti coinvolti. Il bail in è così attuato allocando l’importo determinato da Banca d’Italia e seguendo l’ordine di risanamento noto: azionisti, obbligazionisti e creditori, tra cui compare anche la categoria dei correntisti con depositi superiori al 100 mila euro. Tale livello, per le stesse ragioni che portano a legare il rischio bancario al rischio del cliente, fanno capo alle giacenze per singola banca e non alla somma di più conti deposito divisi tra più istituti. Avviata la pratica di bail in, le prime ad essere intaccate sono le riserve societarie (tra cui anche quella da sovrapprezzo azioni, nonché da utili non distribuiti) seguita dal capitale azionario, i cui strumenti finanziari vengono estinti, con la conseguente perdita dei diritti amministrativi e patrimoniali. Seguono in ordine di risanamento le obbligazioni bancarie, accanto alle quali trovano spazio i warrant, strumenti ibridi partecipativi. Oltre ai crediti subordinati, rischiano per il default bancario anche gli strumenti pronti contro termine, che, a fronte della cessione di contratti (titoli in capo alla stessa banca) concedono liquidità all’ente, divenendo egli stessi possessori di strumenti oggetto di bail in. Quest’ultimo coinvolge infine i certificati di deposito al portatore, mentre restano salvi quelli nominativi.

Strumenti esclusi. Per contro, non corrono rischi i detentori di obbligazioni bancarie garantite, pegno su titoli, conto titoli separato dalle attività bancarie e conti deposito inferiori ai 100 mila euro. Indenni anche i patrimoni interni alle cassette di sicurezza, ai fondi di investimento collettivo e a i fondi comuni di investimento promossi dalla banca, ma aventi patrimonio autonomo. Salvi, inoltri, i vincoli bancari nei confronti dei dipendenti in termini di remunerazione e pensioni, nonché i rapporti con società fornitrici di beni e servizi sui quali si basa la normale attività dell’ente.

Un ultimo capitolo va dedicato alle esclusioni eccezionali, vale a dire situazioni in cui non si applica il salvataggio interno su particolari attività che, dismesse, avrebbero risultato peggiore rispetto ai potenziali benefici. Rientrano tra queste, le posizioni di soggetti dalla forte influenza sul mercato, i cui ammanchi potrebbero generare effetti collaterali negativi sulla comunità (è il caso di grandi aziende con elevato numero di dipendenti ed investimenti sul territorio); attività complesse la cui conversione e monetizzazione allungherebbe i tempi della procedura di risanamento e casi in cui l’applicazione del bail in determinerebbe una distruzione di valore eccessiva, tale da accrescere le perdite inferte agli altri creditori che concorrono al risanamento.