di Maurizio Bufi*
Gli operatori del settore della consulenza e della distribuzione di servizi e prodotti finanziari si trovano oggi di fronte a un articolato panorama di novità, riconducibili a tre principali fattori di cambiamento. Il primo fattore è rappresentato dall’evoluzione normativa che, a livello europeo, si traduce nell’adozione di tutta una serie di nuove direttive in materia di servizi finanziari, intermediazione assicurativa e risparmio gestito (Mifid e Imd II, Ucits e Aifmd). La seconda tendenza riguarda le strategie aziendali e la relativa esigenza, per ciascun intermediario finanziario, di definire un appropriato mix di offerta di servizi e prodotti interni oppure esterni al gruppo di appartenenza (si parla, al riguardo, di scelta tra architetture aperte o chiuse). Il terzo elemento di cambiamento è lo sviluppo tecnologico che, da un lato, rende possibile la diffusione di strumenti a supporto dell’attività di operatori e investitori e, dall’altro, porta all’affermazione di nuovi fenomeni (si pensi, soprattutto, alle soluzioni di consulenza automatizzata, il cosiddetto robo-advisory) con la conseguente necessità di continuare comunque a garantire un’adeguata tutela dei risparmiatori indipendentemente dal canale distributivo impiegato.
Di fronte a queste novità l’Anasf, che da sempre ha un focus sugli sviluppi del settore, si è posta degli interrogativi sull’evoluzione della professione dei promotori finanziari. Ci si può cioè chiedere se i tre fattori di cambiamento individuati possano avere un impatto sull’identità del promotore finanziario, innescando processi di differenziazione tali da mettere in forse l’unità della categoria. L’esperienza storica può fornire un’importante indicazione al riguardo. Una fase di transizione analoga a quella attuale si verificò infatti in occasione dell’attuazione della prima direttiva Mifid, adottata dal legislatore europeo nel 2004 e attuata nell’ordinamento nazionale nel 2007. Tale fase storica coincise con l’identificazione tra la figura dell’agente collegato europeo e quella del promotore finanziario italiano e significò l’inclusione della consulenza nel novero dei servizi di investimento la cui prestazione è riservata ai soggetti abilitati. Non si trattò di un momento di frattura con il passato quanto, piuttosto, dello svolgersi di un naturale percorso evolutivo all’esito del quale i promotori finanziari hanno saputo mantenere le proprie caratteristiche distintive.
Questa stessa chiave di lettura può oggi venire riproposta di fronte all’attuale stagione di cambiamento: le novità provenienti dal contesto normativo, dalla realtà del mercato e dall’innovazione tecnologica non vanno infatti interpretate a senso unico come delle minacce inevitabili a cui occorre adattarsi passivamente. Al contrario, è proprio nei periodi di transizione che l’appartenenza a una categoria professionale rivela tutto il proprio valore. Per i promotori finanziari questo senso di unità è anzitutto attribuibile al collante istituzionale che è rappresentato dall’iscrizione all’Albo unico nazionale (che finalmente si sta trasformando nell’Organismo dei consulenti finanziari), nonché a quell’elemento caratterizzante che è la riserva di legge prevista per l’offerta fuori sede. Vanno poi ricordati i requisiti per l’accesso e la prestazione dell’attività, in un continuum che, partendo dalla definizione dei contenuti della prova valutativa per l’iscrizione all’Albo, arriva sino agli obblighi di aggiornamento professionale, passando per le regole di comportamento nei confronti della clientela.
Affermare il principio di unità della categoria dei promotori finanziari non significa però negare spazio a eventuali percorsi di specializzazione per tipo di attività (ad esempio, consulenza e pianificazione finanziaria) o alle soluzioni più innovative (si pensi alle nuove modalità organizzative realizzabili grazie al lavoro in team) che il singolo professionista può intraprendere sulla base delle abilità e delle sensibilità personali, come pure all’auspicabile possibilità di svolgere l’attività come persona giuridica. Né si vuole disconoscere l’importanza della capacità di adattamento, tanto più se questa è interpretata in modo attivo per venire incontro alle mutate esigenze espresse dai risparmiatori. Piuttosto, si tratta di rispondere agli eventuali timori legati al manifestarsi dei cambiamenti riguardanti l’attività dei promotori finanziari – e, più in generale, il settore dei servizi finanziari – ricordando che proprio i periodi caratterizzati da un elevato tasso di novità sono quelli che offrono le opportunità più significative per riscoprire il senso di integrità e le caratteristiche distintive di una categoria professionale. (riproduzione riservata)
*presidente Anasf Associazione nazionale promotori finanziari