di Luca Gualtieri
Scalda i motori la più importante privatizzazione dell’anno e una delle principali quotazioni di sempre sul listino italiano. Ieri Poste ha depositato in Consob il prospetto informativo per l’ipo, prevista in autunno. Il passaggio è una tappa nel processo di avvicinamento a Piazza Affari, su cui l’amministratore delegato Francesco Caio ha incardinato la propria azione manageriale.
Ora Consob avrà circa 60 giorni per esprimersi e dunque la luce verde potrebbe arrivare tra fine settembre e inizio ottobre. Dunque intorno a metà ottobre Poste dovrebbe far partire l’offerta pubblica di vendita (opv) e il contestuale roadshow con l’obiettivo di iniziare le negoziazioni entro la fine del mese o, al massimo, a inizio novembre. Con un flottante previsto intorno al 40% e un tetto al possesso azionario del 5%, l’offerta sarà rivolta soprattutto al retail, ma un’attenzione particolare dovrebbe andare ai dipendenti delle Poste per i quali potrebbero essere studiate forme di incentivazione (come un prezzo di favore o una specifica modalità di finanziamento). L’obiettivo del gruppo però è anche attrarre investitori internazionali, come dimostra il roadshow che lo stesso Caio ha fatto a Londra a fine giugno. Del resto i numeri e la strategia dell’amministratore delegato sono lì a dimostrare che la privatizzazione di Poste potrebbe offrire interessanti opportunità di investimento.
Il gruppo ha chiuso il primo semestre con un utile netto di 435 milioni, raddoppiato rispetto allo stesso periodo del 2014, ricavi totali in crescita del 7% a 16 miliardi e un risultato operativo superiore del 26% a 638 milioni. Allo stesso tempo rallenta il declino dei ricavi per la corrispondenza: -6,5% rispetto al -9% dell’anno scorso. A favore del gruppo gioca anche la strategia industriale di Caio: in un anno è cambiata la gran parte dei manager del gruppo e sono stati messi in conto 3 miliardi di investimenti in infrastrutture e piattaforme digitali. Se da un lato il risparmio gestito è stato potenziato tramite Anima sgr, grande attenzione sta andando al Bancoposta, un pilastro del gruppo con 1,3 miliardi di euro di conti correnti.
Di certo è nutrito il parco degli advisor: Rothschild e Clifford Chance per Poste Italiane, Lazard e Gianni Origoni Grippo per il Tesoro, mentre i global coordinator sono Intesa Sanpaolo , Unicredit , Bofa-Merrill Lynch,Mediobanca e Citi. Barabino & Partners e Finsbury sono advisor di comunicazione (riproduzione riservata)