Il punto di Mauro Masi
La miracolosa connessione di miliardi di individui in contemporanea non è l’unica connessione che la Rete ha consegnato alla modernità: è ormai in pieno sviluppo la connessione fra macchine, l’avvento della Internet of things (la Rete delle Cose, secondo la nota definizione di Kevin Ashton del Mit) che ha abilitato miliardi di oggetti fisici a interagire tramite canali digitali creando nuove sottoreti (un tempo si sarebbe detto circuiti intranet) e quindi nuovi mercati. I settori toccati da questa ennesima rivoluzione tecnologica trainata dalla Rete sono i più diversi ma tutti incidono molto sui nostri standard di vita: si va dalla gestione intelligente dei flussi di mobilità come quelli delle zone a traffico limitato tramite videocamere, alle centraline che rivelano con particolari sensori direttamente online i tassi d’inquinamento nelle aree urbane; alla tracciabilità delle merci; alla gestione efficiente dei rifiuti orientata dai flussi di raccolta; alla razionalizzazione delle reti di distribuzione dell’energia. Le potenzialità della Rete delle cose sono straordinarie, secondo International Data Corporation entro il 2020 gli oggetti connessi saranno più di 26 miliardi con un valore di mercato di 7.100 miliardi di dollari.
Tutto bene quindi? No, affatto. Internet of things può dare di sicuro tanti vantaggi ma al prezzo di crescenti rischi per la sicurezza. Niente può escludere – anzi lo si deve ritenere molto probabile – che il computer che controlla la nostra lavatrice, o il frigorifero, sia in futuro compromesso attraverso la Rete e, che so, mandi spam e-mail o faccia da sponda a siti pornografici o iperviolenti; o che la nostra auto sia controllata da un punto oscuro o remoto della Rete e mandata deliberatamente a schiantarsi. Si potrebbero fare altri esempi sempre più cupi (basti pensare ai danni possibili ai sistemi computerizzati e online degli ospedali). È quindi imperativo che insieme alla crescita dell’Internet delle cose cresca in parallelo l’impegno delle istituzioni a tutti i livelli per alzare protezioni tecniche e legali contro hacker e cybercrimini. Altrimenti Internet of things, invece di facilitare l’uso più razionale e redditizio di strumenti e macchinari, può diventare il nostro peggiore incubo. *delegato italiano alla Proprietà Intellettuale (mauro.masi@consap.it)