La riforma operata con la Legge Delrio ha avuto il merito di chiudere un dibattito in corso sin dal 1990, introducendo nell’ordinamento la Città metropolitana quale ente deputato a un governo ottimale del territorio delle grandi aree urbane del Paese.
Purtroppo la riforma è stata frenata sul nascere dalle impellenti esigenze di finanza pubblica, andando a scontrarsi quindi con rigidi vincoli di bilancio.
I nuovi enti si sono trovati a operare in un contesto di forte criticità per i sacrifici richiesti in termini di concorso agli obiettivi di finanza pubblica e a causa del calo delle principali entrate proprie, a seguito della crisi del mercato dell’auto, nonché di quelle derivate dalle regioni.
A questi fattori si sommano quelle connesse alle sanzioni per lo sforamento degli obiettivi di patto di stabilità 2014, causato dei tagli operati con il dl 66 e per l’assenza di una revisione degli obiettivi programmatici per l’anno.
Il dl 78/2015, al Senato per la conversione in legge, accoglie le proposte del comparto solo in merito alla rinegoziazione dei mutui e allo sconto sulle sanzioni, che dal punto di vista finanziario, potrebbero essere ridotte, se non azzerate, per effetto dell’esclusione dallo sforamento dei pagamenti effettuati nel 2014 per gli investimenti in edilizia scolastica.
Il dl delude sui Servizi per l’impiego prevedendo che il ministero stipuli convenzioni con ciascuna Regione al fine di regolare il servizio, con la possibilità di partecipazione agli oneri di funzionamento in misura proporzionale ai dipendenti. Il meccanismo appare complesso e dilatorio e rimanda all’ambito regionale un tema, che doveva trovare la sua sede naturale nella costituenda Agenzia nazionale per l’occupazione.
Altra criticità attiene alla disposizione sulla polizia provinciale, prevedendo il passaggio nei ruoli della «municipale», subordinato ai limiti della dotazione organica, della programmazione e della sostenibilità di bilancio dei Comuni, precludendo altre possibilità di reclutamento.
Altro elemento critico consiste nell’aver allegato al decreto la quantificazione dei tagli previsti dalla legge di Stabilità 2015, rendendoli così definitivi.
I tagli motivati con la teorica riduzione di competenze, e quindi, di fabbisogni, producono in realtà una drastica diminuzione delle disponibilità finanziarie a funzioni e spese invariate e, nel caso delle città metropolitane, persino accresciute.
È incontestabile che il forte ritardo accumulato dalle Regioni nel processo di riordino delle funzioni non fondamentali, unito a frequenti incursioni in ambiti invece riservati alle città metropolitane, abbia prodotto a carico di queste ultime significative criticità gestionali e finanziarie.
Va altresì evidenziato che la presenza di una diversa disciplina normativa applicata dalle Province autonome per le imposte Ipt ed Rc auto ha provocato un rilevante drenaggio di risorse con effetti particolarmente accentuati nel caso di Roma Capitale, Torino e Milano.
Passando sul versante delle proposte, si ritiene che il problema possa essere affrontato al meglio solo con un’adeguata combinazione di misure da scegliere nel seguente bacino:
- Esenzione dal Patto per le città metropolitane, eliminando l’esplicita esclusione dal beneficio oggi operante solo per gli enti nati dalla Legge 56
- Rivedere il riparto del concorso al miliardo 2015 tra le Cm in modo più equilibrato e basato magari sul peso delle entrate consuntivate di ciascun ente e/o della spesa rispetto al comparto
- Recupero del dumping fiscale causato dalle Province autonome in termini di concorso alla manovra di finanza pubblica a carico di queste ultime. Contemporanea abolizione della tariffa fissa nel dm 435/98 (Ipt) in modo da uniformare la tassazione su tutto il territorio nazionale
- Attuazione piena del sistema finanziario delle città metropolitane in coerenza con i principi del federalismo fiscale (dlgs 68/2011 art. 24) con particolare riferimento all’addizionale sui diritti d’imbarco aeroportuali e portuali. Tale nuova entrata andrebbe correttamente impostata mantenendo, da un lato, il corretto ancoraggio al complesso sistema dei tributi già esistenti in materia e, dall’altro, unificandone fattispecie imponibili, soggetti passivi e soggetti tenuti alla riscossione e al riversamento, nonché alla rendicontazione. Fissati tali presupposti, inclusa una possibile ripartizione di una quota del gettito tra i territori limitrofi alla Città metropolitana con finalità perequative, dovrebbe essere cura delle singole Città regolamentare nel dettaglio il nuovo tributo
- Rivedere l’imposizione sull’auto, con semplificazioni tributarie e possibili integrazioni di competenze tra Aci e Motorizzazione
- Rateizzare i recuperi mensili sulla Rc auto in modo da evitare crisi di liquidità e parametrare il taglio della spesa per il personale all’effettivo trasferimento di risorse umane e funzioni ad altri enti.