Trattamento di fine rapporto in busta paga verso il flop. Solo 800 lavoratori su un campione di un milione (0,08%) hanno deciso di chiedere il proprio tfr in busta paga. E la motivazione essenziale che sta alla base di questo fallimento è la tassazione troppo pesante, lo pensa, infatti, il 68% degli interessati.
Ma nel 22% dei casi incide anche la volontà di non ridurre la futura pensione togliendo il tfr dal fondo. È quanto emerge da una rilevazione compiuta dalla Fondazione studi dei consulenti del lavoro effettuata dopo due mesi dall’entrata in vigore della norma (contenuta nel dpcm n. 29/2015), avvenuta il 3 aprile scorso. L’analisi condotta è frutto dell’elaborazione degli stipendi del mese di giugno nel corso del quale, dopo la prima elaborazione dati avvenuta a maggio 2015, sono stati analizzati i dati delle piccole, medie e grandi aziende. E, dopo circa 60 giorni di elaborazione di informazioni e statistiche, è emerso come su un campione di un milione circa di lavoratori, solo 800 abbiano optato per la liquidazione del tfr. E tra, questi, solo poco meno del 10% dei soggetti a cui è stata chiesta la motivazione alla base della scelta, ha dichiarato di non avere ancora valutato adeguatamente la possibilità. Un dato che, se nei prossimi mesi non subirà grandi modifiche, si appresta, quindi, a essere una sorta di cronaca di un flop annunciato. Già a novembre 2014 uno studio condotto da tecnici del settore aveva mostrato come il 70% dei soggetti potenzialmente interessati dalla misura avrebbe scelto di lasciare il tfr in azienda. Il restante 30%, invece, si sarebbe diviso tra la liquidazione della somma e altre opzioni. Tra quelli che avrebbero optato per la liquidazione, inoltre, solo il 10% avrebbe investito le somme in eventuali acquisti. L’insuccesso, poi, era stato già annunciato anche dalla presidente del Consiglio nazionale dell’Ordine dei consulenti del lavoro Marina Calderone che, nel corso del Festival del lavoro che si è svolto alla fine di giugno a Palermo ha sottolineato come, «il regime di tassazione che grava su queste somme impedirà alla misura di prendere piede. Ragion per cui sarebbe arrivato il momento di pensare ad un diverso uso del miliardo che il governo aveva stanziato per la misura. Per esempio», ha concluso la presidente, «potrebbe essere quello di investire in un piano infrastrutturale per il paese per rilanciare la timida ripresa che si intravede».
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