Anche a voler credere che possa concepirsi e vararsi una polizza obbligatoria anti calamità a carico delle case in un momento di crisi come questo (caratterizzato, anche, da indiscrezioni su un nuovo aumento della tassazione locale sugli immobili), aspettiamo di sapere come si pensi di poter risolvere il problema su cui si sono sempre bloccate le precedenti iniziative, anche governative, per la polizza anti calamità.
Gli italiani pagano ogni anno quasi 600 milioni di euro, di cui più di 200 a carico dei proprietari urbani, ai consorzi di bonifica per essere difesi dalle calamità naturali. Ora si vorrebbe obbligarli a stipulare, per proteggersi dai medesimi fenomeni, una polizza assicurativa, sotto la pressione di lobby ben note, che a tale pratica si dedicano da molti anni. Ma come si può pensare di imporre agli italiani di pagare due volte per la medesima ragione? E comunque, come si calcolerebbe il premio assicurativo ove si paga già il contributo di bonifica e quindi il rischio calamità è per definizione minore? Inoltre, non può dimenticarsi che la polizza obbligatoria anticalamità è già stata sonoramente bocciata dall’Antitrust. «Una copertura assicurativa generale contro le calamità naturali, secondo l’Autorità garante della concorrenza e del mercato, comporta rilevanti e inevitabili limitazioni alla regola della concorrenza» (Parere 12 aprile 1999). «Non si può dimenticare, ha sottolineato ancora l’Antitrust, che l’imposizione di un obbligo assi-curativo contribuisce a irrigidire la domanda dei consumatori, che saranno indotti ad accettare le condizioni praticate dalle imprese, anche quando le considerano particolarmente gravose» (Parere 20 novembre 2003).