Storicamente le donne hanno da sempre beneficiato di una disciplina del diritto alla pensione di vantaggio rispetto agli uomini. Poi le cose sono andate a cambiare, anche sulla spinta degli indirizzi provenienti dall’Ue, fino all’art. 24, comma 6, della riforma Fornero (dl n. 201/2011) il quale ha operato un percorso di armonizzazione dei requisiti uomo-donna in riferimento al pensionamento di vecchiaia.
In particolare, a tale armonizzazione è stata conferita una diversa efficacia con riferimento alle lavoratrici della pubblica amministrazione e a quelle del settore privato. Mentre per le lavoratrici pubbliche è stato previsto un istantaneo innalzamento dei requisiti anagrafici e un conseguente allineamento con i requisiti previsti per i lavoratori uomini, alle lavoratrici del settore privato è stata concessa una gradualità nel raggiungimento dei requisiti previsti per i lavoratori, allineandosi completamente nell’anno 2018. La stessa «armonizzazione», invece, non c’è stata in relazione alla pensione anticipata per la quale le donne conservano il privilegio di un anno di sconto. All’inizio dell’anno scorso è stato pubblicato il piano Cottarelli con il quale il commissario straordinario per la revisione della spesa pubblica ha reso note le stime dei risparmi di spesa derivanti da determinate misure, tese a migliorare il livello di efficienza e di semplificazione del sistema pubblico.
Tra tali misure è stata inclusa l’armonizzazione delle regole di accesso al pensionamento anticipato, in riferimento all’assicurazione generale obbligatoria, tra donne e uomini. Dal piano Cottarelli emerge che tale intervento produrrebbe un risparmio di spesa di 200 milioni di euro nel 2014, 500 milioni di euro nel 2015, 1 miliardo di euro nel 2016.