di Marino Longoni
Le banche sono luoghi sempre meno sicuri per i capitali. Le regole sulla trasparenza e l’obbligo di trasmettere all’Agenzia delle entrate i dati più importanti hanno fatto venire meno il segreto bancario. Le norme sul pignoramento presso terzi hanno reso i conti correnti aggredibili dal fisco e dai creditori. E ora c’è pure il rischio che i risparmiatori possano essere chiamati a rispondere dei debiti dell’istituto di credito. È quanto prevede la direttiva europea Banking recovery and resolution (2014/59/Ue) entrata in vigore dal primo gennaio 2014, anche se in Italia gran parte delle norme necessarie al suo recepimento sono contenute in un decreto legislativo ancora all’esame del parlamento (che prevede peraltro la necessità di ulteriori decreti attuativi). La novità comunque è abbastanza chiara: lo Stato non interverrà più a salvare le banche in stato fallimentare. L’ingrato compito toccherà agli azionisti prima, agli obbligazionisti poi; se non fosse sufficiente interverranno anche i correntisti. Sono fatti salvi solo i conti fino a 100 mila euro. Più o meno quello che è già successo a Cipro e che succederà tra poco in Austria con una banca in default, la Hypo Alpe Adria. Ne ha parlato il 22 aprile al senato il governatore della Banca d’Italia, Ignazio Visco, sottolineando che l’obiettivo delle nuove regole è quello di sgravare la collettività dall’onere del salvataggio degli istituti di credito.
Il funzionamento è piuttosto semplice: una volta dichiarato il bail-in (per evitare il default della banca), si bloccano tutte le transazioni sui titoli azionari e obbligazionari, ma anche sui conti correnti, fino a quando non si definisce il livello di intervento necessario per turare le falle che si sono aperte nei bilanci. Dopo di che si procede ad annullare i crediti degli azionisti, degli obbligazionisti e infine, se necessario, anche dei correntisti e titolari di conti deposito, con esclusione dei primi 100 mila euro, che dovrebbero essere coperti da un fondo interbancario di tutela dei depositi, in via di costituzione. Paura? Non è il caso di allarmarsi in modo eccessivo: le banche italiane hanno fama di essere tra le meglio patrimonializzate e le più oculate nella gestione dei propri investimenti. Ma è pur vero che da dati diffusi il 30 aprile risulta che le sofferenze bancarie sono arrivate a quota 186 miliardi, due in più del mese precedente. Inoltre, se è vero che finora gli istituti di credito non hanno avuto bisogno di un grande aiuto dello Stato per affrontare la crisi degli ultimi anni, è pur vero che qualche banca in difficoltà, magari di piccole o medie dimensioni, prima o poi potrebbe pur spuntare. Inevitabile quindi che i risparmiatori prendano le loro precauzioni: certamente nessuno si metterà a spulciare i bilanci della propria banca per capire se nascondono pericolose voragine, ma è inevitabile che i risparmiatori finiranno per privilegiare gli istituti di maggiori dimensioni o comunque quelli ben patrimonializzati. Conseguenza immediata, per le banche più piccole e meno dotate si annunciano tempi difficili: facile prevedere una stagione di acquisizioni e fusioni che toglierà dal mercato gli istituti più problematici. (riproduzione riservata)