Luca, 30 anni, retribuzione lorda di 15 mila euro: il Tfr in busta paga gli costerà circa 20 euro l’anno, la mancata rivalutazione annuale. Paolo, 40 anni, retribuzione lorda di 20 mila euro: il Tfr in busta paga gli costerà circa 70 euro l’anno, la mancata rivalutazione annuale (circa 20 euro) e la maggiore Irpef dovuta in busta paga (circa 50 euro). Pietro, 50 anni, retribuzione lorda di 35 mila euro: il Tfr in busta paga gli costerà circa 360 euro l’anno, la mancata rivalutazione annuale (circa 50 euro) e la maggiore Irpef dovuta in busta paga (circa 310 euro). Chi riflette se optare per la Quir, non deve trascurare due aspetti negativi: la rinuncia alla rivalutazione annuale del Tfr e l’eventuale maggior importo di tasse.
Attenti alla doppia penalizzazione. Cominciamo dalla rivalutazione annuale del Tfr. La regola prevede che, esclusa la quota che è stata maturata nell’anno, il totale del Tfr che il lavoratore matura e accantona anno dopo anno presso l’azienda, sia rivalutata annualmente con applicazione di un tasso costituito dall’1,5% (misura fissa) più il 75% dell’inflazione. Per fare un esempio, se l’inflazione è del 2% il tasso di rivalutazione è 3%, ossia 1,5% (misura fissa) più 1,5% (75% di 2%). Con questa rivalutazione è garantito (al lavoratore) un rendimento in genere superiore alla perdita del potere d’acquisto fino a quando l’inflazione non superi il 6%. Oggi che l’inflazione gira attorno allo zero, il Tfr ci guadagna «almeno» l’1,5% annuo. Oggetto di rivalutazione, poi, sono le singole rivalutazioni annuali; per cui, sul lungo periodo, la perdita economica tende a lievitare. Il secondo aspetto negativo concerne la tassazione. A differenza del Tfr ottenuto come liquidazione sul quale si applica la cosiddetta «tassazione separata», cioè l’aliquota Irpef media degli ultimi cinque anni di lavoro, la Quir è soggetta alla tassazione ordinaria, che significa a un’aliquota Irpef progressiva in base al reddito complessivo. Secondo le simulazioni fatte dalla Fondazione Studi dei consulenti del lavoro (si veda tabella in pagina), l’operazione è neutra solo per i lavoratori che hanno una retribuzione non superiore a 15 mila euro l’anno. In questo caso, cioè, sia il Tfr che la Quir vengono tassati al 23% che è l’aliquota cosiddetta «marginale» in base al criterio della tassazione ordinaria ed è anche l’aliquota media (ultimi cinque anni) in base al criterio della tassazione separata. In base all’analisi della Fondazione, inoltre, per un lavoratore con una retribuzione lorda di 25 mila euro, il Tfr annuo è pari a 1.727 euro. Incassandolo si è soggetti all’aliquota Irpef del 27%, cui corrisponde un netto di 1.261 euro l’anno, 105 euro in più ogni mese che è la quota Quir, mentre la «perdita» fiscale, rispetto al Tfr soggetto a tassazione separata, è di 50 euro. Salendo negli scaglioni di reddito, le differenze diventano sempre più rilevanti. Per esempio, per una retribuzione di 50 mila euro, il Tfr lordo ammonta a 3.454 euro che, a fronte di un’aliquota del 38%, diventano 2.141 al netto delle tasse, 178 di Quir al mese. Le tasse pagate in più sono 307 euro all’anno.