Pagina a cura di Gianfranco Di Rago 

 

Una nuova fonte di liquidità per gli anziani senza dover rinunciare alla proprietà della casa. Questo in estrema sintesi il contenuto del cosiddetto prestito vitalizio ipotecario, il nuovo strumento messo a punto dal legislatore per andare incontro alle difficoltà economiche degli over 60.

Questa particolare forma di prestito rappresenta, infatti, una valida alternativa alla vendita della nuda proprietà con riserva dell’usufrutto, soluzione che in questi ultimi anni risulta essere molto gettonata. In questi casi la finalità comune a entrambi gli istituti è quella di consentire alle persone anziane in difficoltà di reperire liquidità, ma il primo strumento garantisce maggiori garanzie e interessanti agevolazioni fiscali. Quella del prestito ipotecario vitalizio è in realtà una possibilità già prevista nel nostro ordinamento fin dal 2005 (art. 11-quaterdecies, comma 12, del decreto legge n. 203/2005), ma che ha riscontrato uno scarso successo pratico. Il legislatore ha quindi inteso rilanciare detto istituto, provando a correggerne alcune criticità, con legge definitivamente approvata dalla commissione finanze e tesoro del senato, in sede deliberante, lo scorso 19 marzo e in attesa di essere pubblicata in Gazzetta Ufficiale (per la sua concreta applicazione sarà però necessario attendere un decreto ministeriale di attuazione).

Con il prestito vitalizio ipotecario le persone anziane possono quindi ottenere il medesimo risultato della cessione della nuda proprietà (ovvero una certa liquidità) ma con l’assunzione di obblighi meno pesanti e, soprattutto, lasciando agli eredi la possibilità di mantenere la proprietà della casa familiare. Ma di che cosa si tratta esattamente? Detto strumento consiste in una particolare forma di finanziamento senza rate che può essere concesso da istituti di credito o intermediari finanziari a persone ultrasessantenni e proprietarie di un immobile residenziale. Il prestito è assistito da un’ipoteca di primo grado sull’immobile a favore dell’ente erogante e prevede generalmente che non ci sia alcun obbligo di rimborso, nemmeno degli interessi, fino alla morte del contraente o, nel caso di coniugi, fino a che uno dei due rimanga in vita. L’importo del prestito oscilla in genere tra il 15% e il 50% del valore dell’immobile, in base alle condizioni soggettive del proprietario e al valore del bene.

Il rimborso del capitale e degli interessi del finanziamento si pone quindi a carico degli eredi (per questo motivo detto strumento è chiamato anche mutuo inverso), i quali, ove non abbiano a disposizione la somma necessaria al riscatto, possono infatti provvedere a venderlo, in accordo con l’ente erogante e purché la compravendita si perfezioni entro 12 mesi dal conferimento del bene, o affidarlo all’istituto creditore affinché sia messo all’asta, ovviamente con il diritto a ricevere le eventuali maggiori somme ricavate dalla vendita. A tutela dell’erede la legge prevede che l’importo del debito residuo non possa comunque superare il ricavato della vendita dell’immobile, mentre a garanzia del terzo acquirente si dispone l’inefficacia nei suoi confronti delle domande giudiziali opponibili alla vendita. L’immobile interessato dall’ipoteca a fronte della quale è stato concesso il prestito non può però essere venduto né affittato dal proprietario, non può essere soggetto a trasformazioni che ne modifichino la consistenza e la destinazione e deve essere conservato in buono stato, tanto che in genere l’ente che ha erogato il finanziamento richiede l’invio di una relazione annuale sulle condizioni del medesimo.

Quindi, come è evidente, rispetto alla vendita della nuda proprietà, il prestito vitalizio ipotecario presenta il vantaggio di permettere agli eredi di non perdere l’immobile di famiglia, pagando all’ente creditore il capitale finanziato, con l’aggiunta degli interessi nel frattempo maturati. La legge recentemente licenziata in via definitiva dal senato, come detto, si è prefissa lo scopo di risolvere alcuni punti critici del prestito vitalizio ipotecario introdotto nel 2005. La prima novità del nuovo testo normativo è che l’età per poter accedere al finanziamento è scesa dai 65 ai 60 anni. Si è previsto anche che il debitore possa rientrare nel possesso dell’immobile con un piano di ammortamento graduale, in questo caso senza applicazione della capitalizzazione annuale degli interessi. Gli enti creditori potranno quindi richiedere il rimborso del finanziamento con i relativi interessi anche in casi diversi dalla morte del soggetto debitore, ovvero nell’ipotesi in cui vengano trasferiti diritti reali o di godimento sull’immobile, se il debitore abbia costituito altre ipoteche sul medesimo o abbia compiuto atti che ne riducano significativamente il valore o se questi abbia scelto di estinguere anticipatamente il debito ma risulti in ritardo con il pagamento delle rate (per almeno sette volte, anche non consecutive).

È stato quindi chiarito che a questo strumento finanziario si applicano le agevolazioni fiscali previste per le operazioni di credito a medio o lungo termine e cioè l’esenzione dalle imposte di bollo, registro, ipotecarie e catastali e dalle tasse sulle concessioni governative, grazie al versamento di un’imposta sostitutiva (0,25% dell’ammontare complessivo dei finanziamenti agevolati erogati, che passano al 2% se non riferite a prima casa e relative pertinenze).

© Riproduzione riservata