di Anna Messia
Le compagnie chiedono una poltrona nella cabina di regia e le banche un tavolo per discutere delle delicate questioni ancora aperte. L’avvio del piano di investimenti da 315 miliardi, il cosiddetto Piano Junker chiamato a far ripartire le economie europee, è ancora pieno di nodi da sciogliere, almeno a sentire gli investitori privati che dovrebbero farsi carico della gran parte degli oltre 300 miliardi in gioco. «L’accoglienza dei mercati nei confronti del piano è stata finora positiva», ha detto ieri il presidente di Febaf, Luigi Abete, chiamato in audizione alla commissione Bilancio della Camera, «ma non si può dare per scontato che solo per questo il disegno complessivo del piano si realizzerà concretamente», ha aggiunto, spiegando che «si tratta di un progetto ambizioso e possibile, ma che per realizzarsi richiederà condizioni effettive per l’impiego di capitali privati».
Servono progetti di qualità, finanziabili, e bisognerà controllare i rischi di cui gli investitori privati potranno farsi carico, con regole trasparenti e certe «sull’assetto normativo che disciplina gli investimenti e il loro finanziamento». Il presidente Febaf ha proposto l’avvio di sistemi europei e nazionali di garanzia, che abbiano l’obiettivo di sostenere lo sviluppo del mercato delle cartolarizzazioni, favorendo «in tal modo gli investimenti privati e il credito alle piccole imprese». In audizione c’erano anche Abi e Ania. Il direttore generale dell’associazione bancaria, Giovanni Sabatini, ha chiesto l’avvio di un tavolo di lavoro di tutti gli attori interessati per chiarire, per esempio, come il fondo europeo (Feis), che potrà intervenire con strumenti di finanziamento o di garanzia di portafogli di crediti bancari, si integri con l’attività che già oggi la Bei svolge a sostegno dell’accesso al credito delle pmi. Oltre che le possibili sovrapposizioni con il fondo nazionale di garanzia per le pmi, già esistente. Il direttore generale dell’Ania, Dario Focarelli, ha invece posto l’attenzione sulla mancanza di progetti validi da finanziare, visto che molti dei 2 mila progetti presentati dai singoli Paesi dell’Ue sono bloccati da ostacoli finanziari o regolamentari. Forti degli oltre 8.500 miliardi di asset gestiti complessivamente a livello europeo, gli assicuratori chiedono poi che il settore privato abbia un rappresentanti nella governance del Feis. (riproduzione riservata)