di Luca Gualtieri
L’iter parlamentare del decreto Renzi-Padoan sulla riforma delle popolari si avvia alla conclusione (anche Contrarian a pag. 18). Ieri la Camera ha dato luce verde al provvedimento (con 290 sì e 149 no) e ora il testimone passerà al Senato, dove comunque non sono attesi colpi di scena. La fermezza del governo ha finora concesso pochi sconti alla categoria, lasciando così intendere che la trasformazione in società per azioni sarà un passaggio inevitabile per i dieci principali istituti di credito cooperativi italiani.
ualche concessione comunque c’è stata. Ad esempio, alle banche che si trasformeranno in spa è stata concessa la possibilità di inserire nello statuto un tetto ai diritti di voto in funzione anti-scalata, purché non inferiore al 5% e per un periodo massimo di 24 mesi dalla data di conversione del decreto. Agli statuti è demandata anche l’introduzione di altri strumenti anti-scalata, come il voto maggiorato, che permette a particolari categorie di soci di esprimere due o più voti per ciascuna azione detenuta. Resta invece la soglia degli 8 miliardi di euro di attivi come asticella oltre la quale scatta l’obbligo di trasformazione in spa, su cui il governo è stato irremovibile. A questo proposito Stefano Fassina, deputato del Partito Democratico, l’altroieri ha annunciato un’indagine conoscitiva sulle banche popolari. Sotto la lente dei deputati ci sarà appunto la questione relativa alla soglia degli 8 miliardi di euro, la costituzionalità del decreto legge, un approfondimento sui risultati degli stress test Bce sulle popolari vigilate e anche sulle performance di queste rispetto alle banche organizzate in forma di spa. Difficilmente comunque iniziative di questo genere potranno condizionare l’iter del provvedimento e correggere la linea assunta sul tema dal governo Renzi.
Tornando al testo del decreto legge, ci sarà un unico voto a maggioranza semplificata dell’assemblea, l’ultimo con voto capitario, per la trasformazione in spa, le relative modifiche statutarie e l’introduzione del tetto al diritto di voto. Restano i paletti al diritto di recesso; viene solo escluso il caso morte. È ovviamente caduta nel vuoto anche la proposta di considerare modelli ibridi, quelli cioè che consentono di eleggere il consiglio di amministrazione (o il consiglio di sorveglianza nel caso di sistema di governance duale) tramite due canali differenti: gli investitori istituzionali esprimono un numero di consiglieri proporzionali al numero di azioni detenute, mentre il resto del corpo sociale continua a servirsi del voto capitario. Se insomma il Senato licenzierà un testo di riforma molto simile a quello attuale, le banche potranno muoversi soltanto all’interno della nuova cornice normativa. Ad esempio, blindando almeno il 20-25% del capitale attraverso due strumenti: lo scorporo dell’azienda bancaria dalla cooperativa oppure la costituzione di un patto di sindacato tra i soci più influenti del gruppo. In linea teorica lo scorporo sarebbe la soluzione più semplice per gli istituti al momento sprovvisti di grandi azionisti di riferimento, come la Banca Popolare di Milano, mentre il patto di sindacato potrebbe rivelarsi più adatto per chi può già contare su uno zoccolo duro di soci, come il Banco Popolare e Ubi Banca.
Tornando al decreto Banche e Investimenti, va ricordato che le norme sulla portabilità dei conti correnti sono state completamente riscritte, recependo per intero la direttiva dell’Unione Europea in materia. I conti andranno trasferiti senza costi per i clienti entro 12 giorni lavorativi, pena multe salate, da 5 mila a 64 mila euro per i dirigenti (ma anche per dipendenti di livello inferiore) delle banche inadempienti. Gli istituti hanno tre mesi per adeguarsi. Le norme sono valide anche per spostare conti titoli. Previsti indennizzi per i ritardi, che saranno quantificati dal Tesoro. Un’altra modifica di rilievo introdotta dal decreto riguarda la Sace. Sarà infatti la capogruppo Cassa Depositi e Prestiti, diversamente da quanto previsto in origine, a decidere se erogare credito all’export direttamente o attraverso Sace o un’altra delle società controllate. (riproduzione riservata)