Non c’è limite alle aree in cui Google è disposta a investire. Conosciamo le sue avveniristiche auto senza conducente, i droni e i palloni aerostatici per la connessione internet delle aree remote (Project Loon), ma ci sono anche i satelliti per le comunicazioni, la telefonia mobile (ora Google vuole diventare operatore virtuale, secondo le ultime indiscrezioni), le tecnologie per le auto connesse, i pagamenti mobili.
Interessi disparati, ma con un filo conduttore: Google spera di portare la connessione internet e i suoi device mobili in ogni angolo del mondo. Obiettivo? Migliorare la vita delle persone e la loro esperienza della tecnologia, sostiene l’azienda del motore di ricerca, ovvero imporci i suoi servizi e la sua pubblicità in modo sempre più capillare, commentano alcuni analisti. Sicuramente tra filantropia e business Google deve tenersi al passo con la concorrenza di altre intraprendenti internet company (come Facebook) e della sua arci-rivale nei sistemi mobili, Apple. Proprio da Apple viene uno dei top manager più importanti per i progetti di Google, Tony Fadell: ex vice president della Mela noto per aver lavorato all’iPod e ai primi iPhone ha fondato nel 2010 Nest Labs, una start-up che sviluppa soluzioni per la smart home (la casa connessa grazie a oggetti intelligenti). Una succulenta occasione: Google ha comprato Nest (e assunto Fadell) l’anno scorso per 3,2 miliardi di dollari.
NUOVA VITA AI GOOGLE GLASS. Proprio Nest e Fadell sono tornati al centro della cronaca hitech nei giorni scorsi quando Google, a sorpresa, ha annunciato che non venderà più i suoi occhiali smart, i Google Glass. Un flop per un prodotto super-costoso e poco utile che ha attratto tante critiche per le invasioni della privacy? Google nega: l’idea è invece di sfornare una nuova versione dei Glass, affidandone lo sviluppo non più al laboratorio Google X (che studia i progetti più avveniristici di Google) ma proprio alla divisione Nest e a Fadell. Un cambio di marcia importante per trasformare i Google Glass da prodotto sperimentale per pochi appassionati in un successo di pubblico, forse cominciando dal mercato business. Google ha infatti scritto in una nota che molti sviluppatori di software sono stati attratti dalla possibilità di creare applicazioni per i Google Glass per persone che svolgono lavori in cui è necessario accedere a informazioni tenendo le mani libere, dal settore sanitario a quello della logistica. «Glass at Work è cresciuto molto», sostiene Google. «Vediamo grandi possibilità per Glass sul posto di lavoro». Google starebbe adottando una strategia, almeno per gli occhiali, più simile a quella di Apple (nel segno di Fadell): niente più test pubblici del dispositivo e lancio sul mercato solo quando il prodotto sarà finito, probabilmente già entro il 2015.
PAGAMENTI MOBILI. La sfida con Apple non si ferma qui. Già l’anno scorso Google aveva presentato Android Auto, un software che permette agli utenti delle automobili predisposte, di connettere i loro telefoni Android alla macchina e portare tutti i servizi del cellulare sul touch screen del veicolo, in diretta concorrenza con il sistema CarPlay della Mela. Ora Google però vuole andare oltre. Secondo indiscrezioni della stampa americana, Big G si sta preparando ad aggredire Apple nel settore dei pagamenti da smartphone comprando Softcard, una società specializzata nei pagamenti con la tecnologia Nfc (Near Field Communication), la stessa implementata sull’ultimo modello iPhone. Softcard è una joint venture formata nel 2010 dalle principali compagnie di telefonia statunitense (At&t, Verizon e T-Mobile) per far concorrenza proprio al servizio di pagamenti mobili già esistente di Google, il Wallet, e la cosa curiosa è che né Wallet né Softcard hanno finora incontrato il successo sperato. Google ora intenderebbe comprare la rivale e rivitalizzare così il proprio business nei pagamenti da smartphone. La cifra messa sul piatto sarebbe di almeno 50 milioni di dollari.
IMPRESE SPAZIALI. SpaceX, guidata dal fondatore e ceo Elon Musk, che è anche ceo del produttore d’auto elettriche Tesla, ha come progetto quello di creare una costellazione di centinaia di satelliti per le comunicazioni su orbita bassa (a circa 1200 chilometri dalla Terra). Il costo per costruire il sistema, ha rivelato Musk, è di almeno 10 miliardi di dollari. Una somma considerevole, ma Musk si è appena assicurato un nuovo round di finanziamenti da 1 miliardo di dollari da Google e Fidelity Investments (e aveva già ottenuto in precedenza finanziamenti da Founders Fund, Draper Fisher Jurvetson, Valor Equity Partners e Capricorn). Big G (ma anche altre aziende del web, come Facebook) sperimenta da tempo nuove tecnologie per portare connessione internet ai miliardi di persone che ancora non hanno accesso alla Rete. L’anno scorso ha comprato per 500 milioni di dollari Skybox Imaging, società che realizza satelliti per fotografare la Terra e raccogliere dati sulle condizioni del pianeta. «Alleandosi con SpaceX, Google cerca un vantaggio competitivo su rivali come Facebook, che sta lavorando a progetti per portare i servizi internet nelle aree non raggiunte usando droni, satelliti e laser. Anche un’altra società, la WorldVu Satellites, che ha il supporto di Qualcomm e Virgin Group, è impegnata in un’impresa simile», si legge su Bloomberg.