La fiducia sulle opportunità di crescita globale dell’economia a 12 mesi da parte degli a.d. è in calo: in Italia, solo il 27% pensa che l’economia globale crescerà nel 2015 rispetto al 43% del 2014. A livello mondiale, il 37% crede in una ripresa (44% nel 2014), mentre il 17% prevede una contrazione, oltre il doppio rispetto a un anno fa (7%). Gli a.d. delle economie emergenti come India (59%), Cina (46%) e Messico (42%) sono più ottimisti rispetto a quelli che operano in economie sviluppate come Usa (29%) e Germania (33%). Resta però l’ottimismo per l’aumento dei propri fatturati.
Il dato è stato reso noto ieri nel corso della 18ª Annual global ceo survey, realizzata da PwC, che fotografa il livello di fiducia sullo sviluppo globale e del proprio business di 1.300 a.d. in 77 paesi, diffusa nell’incontro annuale del World economic forum di Davos in Svizzera.
Se l’India guida la classifica degli a.d. molto fiduciosi sullo sviluppo del proprio business (62%), la quota scende solo al 20% per quelli italiani (ma sale all’80% se si considerano anche quelli fiduciosi (74% l’anno passato).
Dennis M. Nally, presidente di PricewaterhouseCoopers international, ha sottolineato che, «mentre alcuni mercati maturi, come gli Usa, sembrano in ripresa, altri come l’Eurozona continuano a dibattersi nelle difficoltà. E se alcune economie emergenti continuano a crescere rapidamente, altre stanno rallentando. Trovare il giusto equilibrio strategico per sostenere la crescita in un mercato che continua a cambiare, come questo, resta una sfida».
Il 49% degli a.d. italiani dichiara di essere interessato a internazionalizzare l’impresa e di voler far crescere la propria società per linee esterne attraverso M&A, jv o alleanze (35% l’anno scorso).
Tra i timori degli a.d. mondiali, si conferma la sovra-regolamentazione (78%), seguita dalla disponibilità di competenze chiave (73%), deficit e debito pubblico (72%), incertezza geopolitica (72%).
Gli italiani temono invece i fattori potenzialmente destabilizzanti: il 78% teme la capacità del governo di rispondere al deficit fiscale e al debito pubblico, il 73% i rischi geopolitici internazionali e il 71% l’aumento del carico fiscale.
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