di Anna Messia
L’Italia si piazza a metà classifica nella competizione mondiale per la velocità di recupero crediti. Secondo lo studio di Euler Hermes (gruppo Allianz) che definisce i processi del recupero crediti internazionale la Penisola si colloca al 27 esimo posto sulle 44 nazioni analizzate, tra i paesi meno virtuosi dell’Europa e nella stessa fascia di Usa, Turchia, Brasile e India. Il «Collection Complexity Index» di Euler Hermes è in particolare un indicatore numerico da 0 a 100 che consente di suddividere in quattro fasce i Paesi oggetto del monitoraggio e definisce il livello di difficoltà nel recuperare il credito. Il risultato è che nella classifica mondiale l’Italia ha punteggio di 53 (più è alto peggio è) decisamente più alto della Svezia, prima in classifica con un voto di 31 a pari merito con la Germania, ma anche peggio di Spagna (36), Portogallo (41), come pure di Grecia e Romania (44). Il giudizio, spiegano da Euler Hermes, «è determinato da un’attenta analisi delle pratiche di pagamento, procedimenti giudiziari e procedure concorsuali». I comportamenti e le abitudini di pagamento delle imprese italiane sono tra i meno virtuosi in Europa, così come la media dei Dso (giorni di incasso di un credito) che resta elevata (oltre 100 giorni) e ben distante dagli standard definiti dalla Direttiva europea (30 giorni). Lente e complesse le procedure giudiziarie, con costi elevati e sentenze dei tribunali che si fanno attendere per anni. Iniziare quindi un’azione legale in Italia è quasi sempre irragionevole. Quando il debitore è invece insolvente, i meccanismi di rinegoziazione del debito sono poco utilizzati come pratica, mentre la liquidazione (fallimento) rimane il percorso predefinito, che in genere lascia poche opportunità ai creditori per il recupero del credito. «L’indicatore di complessità per il recupero del credito», dichiara Gianluca Rossini, country manager di Euler Hermes Italia Collections, «può essere uno strumento guida per le Pmi che si affacciano in nuovi mercati o intraprendono attività commerciali con nuovi clienti in Italia. Nel 2015 l’export sarà ancora la chiave di crescita per il nostro paese e il made in Italy è atteso in espansione verso i Paesi al di fuori dell’Unione Europea, dove la domanda è più dinamica ma i rischi sono più elevati». In fondo alla classifica gli Emirati Arabi (con un voto di 80) e l’Arabia Saudita (89). (riproduzione riservata)