di Daniele Cirioli  

 

Casse previdenziali «autonome» dal 1° gennaio 2007. È solo da tale data, infatti, che le riforme previdenziali possono avere efficacia in senso peggiorativo nel calcolo della pensione ai professionisti. Prima no, perché fino al 31 dicembre 2006 i professionisti godono di una tutela pensionistica massima, grazie all’obbligo per le casse di rispettare il principio del pro-rata. Successivamente invece gli enti hanno piena autonomia: devono «aver presente» il principio, ma non rispettarlo necessariamente. Lo stabilisce la Cassazione accogliendo il ricorso della Cassa dei ragionieri contro le pretese di un professionista a riposo dal 2008 che aveva contestato il calcolo della pensione, in senso peggiorativo, dopo la riforma del 2002. Tutto legittimo stabilisce la corte nella sentenza n. 139 di ieri: dal 1° gennaio 2007, il calcolo della pensione può disattendere il pro-rata anche sulla base di delibere della cassa approvate in data precedente.

Il principio del pro-rata. La vicenda non è nuova, inserendosi nella scia di un contenzioso seriale tra i professionisti e la cassa ragionieri. E non è nuovo nemmeno l’oggetto del contendere, vale a dire la riforma delle pensioni con cui la cassa ha stretto i rubinetti passando dal sistema retributivo al contributivo di calcolo delle pensioni, nonché disciplinando il regime transitorio (due quote: A retributiva e B contributiva) per i professionisti a cavallo della riforma. Non è nuovo neppure il principio di riferimento: il pro-rata (art. 12, comma 3, legge n. 335/1995), una sorta di «salvaguardia» per i professionisti che si trovano a passare da un regime all’altro di calcolo della pensione. Tale principio garantisce che al professionista vengano confermate le aspettative (pensionistiche) nutrite nei periodi in cui ha versato i contributi, precedentemente a riforme peggiorative.

 

Il «peso» del pro-rata. In questo contenzioso seriale la giurisprudenza è stata sempre favorevole ai pensionati, sulla base proprio del principio del pro-rata ritenuto vincolante per le casse. Con la Finanziaria del 2007 (art. 4, comma 796, legge n. 296/2006) arriva la modifica: il principio del pro-rata ha smesso di essere vincolante per le casse (tenute solamente ad «averlo presente», cioè non più a rispettarlo in modo assoluto) e ha «salvato» le delibere di riforma già emesse dalle casse. Ma la giurisprudenza ha smontato il teorema legislativo, che evidentemente mirava a sostenere gli sforzi riformatrici delle casse: ha sempre sostenuto l’inefficacia delle delibere emesse in data antecedente alla Finanziaria 2007. L’ultimo tassello è arrivato con la legge n. 147/2013 (legge Stabilità 2014), che ha fornito un’interpretazione autentica della norma della legge n. 296/2006 e disposto che le delibere già emesse dalle casse sono legittime ed efficaci a patto di essere finalizzate a garantire l’equilibrio finanziario di lungo termine. La sentenza di ieri, sulla base di tale ricostruzione, dà piena legittimità alla riforma che la cassa dei ragionieri ha fatto nel 2002 e 2003 e, conseguentemente, ritiene corretta anche la liquidazione della pensione con decorrenza 1° dicembre 2008 (poiché successiva al 1° gennaio 2007).

 

Notizia buona (per le casse) perché, tra due precedenti, la sentenza si accoda all’indirizzo favorevole all’autonomia delle casse previdenziali, ossia alla sentenza n. 24221/2014. Infatti, sempre la cassazione e sempre l’anno scorso ha pronunciato un’altra sentenza (la n. 17892/2014) in cui ha affermato il contrario. Ossia che: a) la non applicazione del principio del pro-rata è lecita solo ed esclusivamente se prevista da delibere adottate dalle casse dopo il 31 dicembre 2006 (cioè dopo la Finanziaria 2007); b) la disposizione della legge di Stabilità 2014 non ha valenza retroattiva tale da salvare le delibere emesse dalle casse precedente al 1° gennaio 2014